"I nemici di Tiberio Gracco corsero al Senato". Tiberio fu informato che
avevano un piano per uccidere il console Publio Muzio Scevolo. "Il Pontefice
Massimo, Publio Cornelio Scipione Nasica Serapione, cugino per parte
materna di Tiberio, esortò i suoi a far rispettare la legge, mediante la
formula del tumultus, e i suoi partigiani marciarono armati fino al
Campidoglio. Ne seguì una carneficina nella quale persero la vita oltre
trecento cittadini romani e tra loro lo stesso Tiberio, ucciso a
bastonate. Il suo cadavere fu gettato nel Tevere e i suoi amici
condannati a morte o esiliati senza processo".
"Fratello di Tiberio, eletto tribuno della plebe, Gaio Gracco
riprese l'opera di riforma sociale intrapresa dal fratello maggiore nel
123 a.C., dieci anni dopo la sua morte" (...) "Durante la sua carica,
oltre a confermare la legge agraria del fratello, Gaio Gracco fece
approvare tramite plebisciti diverse leggi Sempronie". "Gaio perse molta
della sua popolarità e non fu rieletto al tribunato. Inoltre, nel
giorno in cui si presentò in Campidoglio per difendere davanti all'assemblea
del popolo la sua legge, scoppiò un grave tumulto tra le parti avverse.
Il Senato decretò il Senatus consultum ultimum e Gaio si vide costretto
a rifugiarsi con i suoi fedeli sull'Aventino, dove fu attaccato dalle
truppe del console Lucio Opimio". "Sopraffatto, persa ormai ogni
speranza, secondo la tradizione più accreditata si fece uccidere da un
servo al di là del Tevere, sul Gianicolo, nel bosco delle Furrine. Con
lui morirono anche circa tremila cittadini, vittime di una feroce
repressione".
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