martedì 16 maggio 2017

Terzo Capitolo. La saga delle quattro banche e delle venete

Terzo Capitolo. Non stupì nessuno il voto compatto di PD e Forza Italia (tranne rare eccezioni) a favore del Bail in, che seguiva l'approvazione del pareggio di bilancio in Costituzione. A livello europeo, il sì aveva accomunato il PPE, insieme a Forza Italia, ai socialisti europei, Pd compreso: il Brrd - Bank recovery and resolution dirictive - fu approvata il 15 aprile 2014 su mozione dello svedese Gunnar Mokmark. Ma non arrivò come fulmine a ciel sereno, bensì partorita dopo lunghi anni di discussioni con 584 voti favorevoli, 80 contrari e 10 astensioni al Parlamento europeo. Ma gli italiani se ne accorsero con il caso delle quattro banche, anche se il bailin veniva recepito dall’11 settembre 2015, per la precisione, attraverso un decreto attuativo della direttiva europea votata dal parlamento europeo il 23 aprile 2014.

Non sappiamo dove fossero nel 2011 il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco (che poi ha sostenuto la necessità dell'intervento pubblico), il presidente dell'Abi (che ha definito il bail-in incostituzionale) e Giuseppe Vegas (anche lui acerrimo nemico della pratica, a parole sue), ma nel novembre di quell'anno, con lo spread quasi a 600, entra in carica il governo Monti, per salvare l'Italia, dopo l'ennesima finanziaria di Tremonti e gli irritanti risolini di Merkel-Sarkozy a una dichiarazione di Berlusconi. Il professor Mario Monti, in loden, anche ministro dell'Economia, deve salvare l'Italia: con il Paese sull'orlo del baratro, vota il Fiscal Compact (Monti poi dirà che non fu una buona idea, ma che il Paese sarebbe stato massacrato sui mercati se fosse stato l'unico a rifiutare) e il resto. Bankitalia e governo hanno partecipato alle trattative sulla Brrd e l’hanno approvata. Pure in Parlamento piangono in molti, ma quasi tutti hanno votato, salvo poi definire il bail-in "un prelievo forzoso" per i correntisti (Forza Italia) e via dicendo. Ma che cosa significa? "In sostanza dal 1° gennaio 2016 i problemi degli istituti di credito andranno risolti dall'interno, non con interventi esterni, anche ricorrendo ai depositi superiori ai 100mila euro, oltre che agli azionisti e agli obbligazionisti meno assicurati" scrive Il Sole 24 Ore.

Dal 2008 al 2015, mezza Europa era ricorsa all'impiego di fondi pubblici per aiutare le proprie banche: 239 miliardi la granitica Germania, oltre 162 il Regno Unito dell'Austerity, più di 52 la Spagna, 42 l'Irlanda, 40 la Grecia, 36 i Paesi Bassi, 28 l' Austria, tanto per citare i casi principali. L'Italia in un primo tempo si fermò a un miliardo (il conto poi è salito a 20 miliardi di aumento di debito pubblico, con il Salvarisparmio del governo Gentiloni), in gran parte perché aveva giù un enorme rapporto debito/PIL, in parte adducendo come giustificazione la mirabolante stabilità del sistema bancario italiano. Stabilità inficiata dal caso Mps, che però era apparsa come un inciampo di percorso, un caso di spregiudicato utilizzo dei derivati e di malsano intreccio fra banca e territorio. Insomma, un neo, niente di più. Ma qualcosa ribolliva sotto le ceneri.

Il Paziente Zero della crisi fu Banca Etruria. Un piccolo istituto nato nel 1882 nella provincia orafa di Arezzo, vittima dell'allegra finanza (fra consorterie locali - anche in versione massonica, essendo Arezzo la città in cui è vissuto sereno Licio Gelli -, controlli collusi o impotenti, politica interessata o distratta), il 22 novembre 2015, si vede azzerare il capitale dei propri azionisti e 788 milioni di obbligazionisti subordinati. Insieme a Banca Etruria ci sono Banca Marche, Carichieti e Cariferrara. Secondo Bankitalia, rappresentano "solo l'1% degli attivi bancari italiani". Ma le cifre non dicono tutto: quelle 4 banche raccontano "una storia italiana". Una piccola crisi genera un tracollo. "Due anni di patimenti e 6 miliardi di euro, versati dagli istituti concorrenti per tamponare la falla fino alla vendita attuale senza corrispettivo" scrive La Repubblica.

Ma cos'era Banca Etruria, divenuta simbolo degli intrecci malsani? Dominata per un trentennio dal presidente massone Elio Faralli, che lasciò nel 2012 a 87 anni, era l'emblema del "sommo intreccio di poteri cattolico-agricoli e laico-massonici" (sempre La Repubblica). Alla "banca dell'oro" Fitch assegna un credito BB+ (a livello "spazzatura") nel 2012, a causa delle sofferenze giunte "a un livello doppio rispetto alla media del sistema". Fra i beneficiari spiccano: il gruppo Sacci, azienda cementiera esposta per 70 milioni; l'Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone (60 milioni); il cantiere Privilege Yard, che doveva costruire un lussuoso panfilo da 127 metri, di cui fu realizzato solo il modellino; il gruppo Uno a erre (10,6 milioni); l'immobiliare Cardinal Grimaldi (11,8 milioni). Con il beneplacito della Consob, Banca Etruria emette bond subordinati per 120 milioni di euro che vengono rifilati alla clientela minuta, ignara di ciò che sta acquistando. Sono state truffate persone che non avevano la necessaria educazione finanziaria per comprendere cosa stessero sottoscrivendo. Verranno azzerati dal bail in. Tramite ambienti del governo si era presa in considerazione la via della cessione: quella a Unicredit di cui si parla nel libro di de Bortoli, un abboccamento tra Arezzo e il fondo del Qatar, l'ipotesi Bper del ministro Delrio. Perfino era stata ventilata la fusione con la popolare di Vicenza (altro caso disperato): sarebbe stata caldeggiata da Bankitalia, ma se fosse andata in porto, sarebbe stato un fallimento da prima pagina. Eppure "i vertici di Arezzo furono cacciati e sanzionati per non avere fatto la fusione con la popolare veneta", riporta Il Fatto. Concludiamo questa breve rassegna, con le parole di Massimo Giannini su Repubblica: "Non è colpa solo della Grande Recessione, se l'Italia con il suo bel 18% di crediti deteriorati lordi rispetto agli impieghi resta la maglia nera d'Europa. Se dopo 30 miliardi di ricapitalizzazioni dilapidate solo per quella "sporca dozzina" di istituti, e dopo uno "scudo" da 20 miliardi creato a fine 2016, gli analisti stimano un ulteriore fabbisogno di capitali tra 40 e 55 miliardi. Oggi le banche "salvate" sono ancora "sommerse". Vuol dire che nella politica qualcosa non ha funzionato. Solo nel "triangolo delle Bermude" Mps-Popolare Vicenza-Veneto Banca sono scomparsi 65 miliardi di depositi in 5 anni, e un milione e mezzo di risparmiatori ci ha rimesso quasi 15 miliardi. Certo, i 'furbetti del credito' hanno anche rubato. Ma i controllori non hanno controllato". No, non è colpa solo della Grande Recessione.

Se Intesa San Paolo non ha la pancia piena di Npl, non è per astrusi motivi, ma perché è una banca ben gestita ed è risultata la migliore d’Europa negli ultimi stress test. Il problema di Monte dei Paschi, la Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca Marche, Banca Etruria è da attribuire - lo ripetiamo - a "un rapporto malsano con il territorio da cui provengono, con una redditività da far spavento, con decine di migliaia di soci nonostante non producano uno straccio di utile da anni". Dobbiamo ricordare la parabola di Giovanni Berneschi (ex presidente di Carige appena condannato a 8 anni e 2 mesi, già indagato nel 2006 per l'appoggio dato a Consorte e Fiorani nella scalata su Antonveneta)? E il caso Zonin? L'ex re del Prosecco ha bruciato in un triennio 6,2 miliardi di valore, lasciando carta straccia in mano a 118 mila poveri azionisti. La Veneto Banca del ragionier Vincenzo Consoli ne ha bruciati 5, riducendo sul lastrico 90 mila risparmiatori. Dal 2013 si sono volatilizzati depositi per 11 miliardi a Vicenza, per 4 miliardi a Montebelluna. Anche per le venete si delinea il "Comma 22" con Bce e Ue. Atlante alza le mani, ma noi stiamo a parlare delle bugie dette in Parlamento. Per carità: le bugie di una ministra vanno sanzionate. Ma forse i malefici intrecci arrivano da ben più lontano. E sono tipiche, brutte storie italiane. Più gravi di eventuali mancate verità.

@CastigliMirella

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