martedì 11 ottobre 2016

Il paradosso americano.

Tutta la stampa a stelle e strisce appoggia Hillary Clinton. Un sostegno che ricorda le percentuali bulgare, neanche l'autoritario Putin fa così man bassa di endorsement. Certo, direte: è ovvio che accada così, dall'altra parte c'è un finto tycoon (finto: perché è un rentier che ricevette in eredità un impero immobiliare e, se mai, ha fatto più volte bancarotta, mica un geniale self-made man come Steve Jobs), spaccone, volgare, sessista, populista, uno di quelli che dà l'assalto alle élite da destra senza avere ricette in tasca, ma solo una manciata di slogan da 140 caratteri. Il suo acume imprenditoriale è poi pari a zero: nel 1978, il patrimonio netto di Trump ammontava a 100 milioni di dollari (fonte: Business Week); se li avesse investiti in un fondo indicizzato dell’indice Standard & Poor 500, oggi avrebbe 6 miliardi, invece la sua ricchezza oscilla fra 3-4 miliardi. Non ha neanche saputo far fruttare l'eredità paterna.

Però: averlo definito un impresentabile e un maiale, a giorni alterni, in un coro unanime anti-Trump, NON fidelizza l'elettore tipico di The Donald? Questo endorsement anti-Trump non spinge l'outsider complottista ad andare a votare contro Clinton, vista come paladina di Wall Street? E, già che ci siamo, a voltare le spalle a tutta la stampa, vista come ostaggio dell'establishment corrotto (insomma, tutto l'armamentario retorico dell'anti politica)? Soluzioni facili non esistono. Solo domande. Ma prima o poi esigono risposte.

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