venerdì 18 dicembre 2009

Stop al patriarcato anche per gli italiani di prima o seconda generazione

Niente deroghe, italians. Storica sentenza per chi vuole dare l'addio definitivo al "padre padrone". La sentenza di Cassazione n. 48272 afferma che "le credenze religiose o le consuetudini culturali del paese di provenienza del padre padrone non possono giustificare l'abuso dei mezzi di correzione". Il patriarcato non è possibile per nessuno che viva o operi nel nostro paese.

In Italia i minori sono "soggetti titolari di diritti", anche per gli stranieri residenti in Italia. E i giovani italiani di prima o seconda generazione non devono temere maltrattamenti. I genitori, pur provenendo da altri contesti socio-etico-culturali, devono dare l'addio al patriarcato e "formare una personalità armonica, rendendola sensibile ai principi di pace, tolleranza, uguaglianza e solidale convivenza".

martedì 15 dicembre 2009

Nella città della Lamborghini, giunta al femminile e asili per tutti

A Sant'Agata Bolognese la giunta è tutta al femminile. E le differenze si notano: nella città della Lamborghini, oltre alla giunta rosa, vincono le poltiche sociali e inclusive. I vigili sono senza manganelli, gli asili non hanno liste d'attesa, anziani e volontari tengono d'occhio i parchi (altro che ronde!). Con l'idea di realizzare una nuova scuola elementare e rimettere in sesto un'azienda alimentare. Il fattore D è la vitamina anti-crisi anche qui.

lunedì 14 dicembre 2009

Fra parentesi: I deliri su Facebook, Déjà vu e caccia alle streghe: come uscire dal linguaggio machista dell'Odio? Perché tanto odio?

Vedere il volto di Berlusconi trasformato in una "maschera di sangue", è l'immagine più brutale della caduta in basso della politica italiana. La farsa che si trasforma in tragedia. Perfortuna Berlusconi si sta già riprendendo dalla violenza subìta e dallo choc; e perfortuna la politica per una volta non si è divisa, esprimendo, compatta (tranne il solito ambiguo Di Pietro...), solidarietà al Premier sotto attacco.

Ieri sera abbiamo visto una macabra versione della Morte Rossa di Edgar Allan Poe in diretta: e non è stato un bel vedere per nessuno, neanche per chi crede di odiare (?) Berlusconi.

Odiare Berlusconi o anche il berlusconismo, non porta da nessuna parte: o meglio porta in un solo posto: la Pazzia (privata) e la Galera (o lo stato di polizia). Per fortuna Berlusconi non è Bava Beccaris né Mussolini né Hitler o Stalin o Pinochet. "Odiare Berlusconi" è un'aberrazione pazzesca, una delirio fuorviante, oltre che una roba da utili idioti. Un errore non solo tattico, ma strategico: Berlusconi è un avversario, da contestare liberamente, con fermezza e in modo dialettico, ma non un nemico-da-abbattere. Tanto meno a qualsiasi costo.

Anche perché il costo di un simile errore sarebbe altissimo e salatissimo per tutti: una simile violenza obbligherebbe lo Stato a contro-misure anti-terroristiche da allarme rosso (tali da minare la già provata e strattonata democrazia italiana, messa a dura prova da 40 anni di terrorismi contrapposti e Stragi di stato: che senso ha ripetere tali errori?).

Poi, da che mondo è mondo, la violenza si paga: il "regicidio" è reato penale, punito con anni ed anni di carcere. Carcere duro, da 41 bis. Chi lo commette, deve sapere a cosa va incontro: non sarebbe il finale di una guerra di liberazione a Piazzale Loreto, bensì il finale di partita del '77 quando incrocia il Teorema del 7 aprile '80: una sconfitta brutale. Tutti dentro (assassini e istigatori), buttando via la chiave. Ma anche il finale di partita, non meno hard, di Genova/No G8: Carlo Giuliani non ha ballato sulle note di I shot the Sheriff o London calling o Rock the Casbah: Carlo Giuliani è stato ucciso per fermare, ad ogni costo, il movimento No Global. A che prezzo, lo sanno i ragazzi della Diaz e di Blozaneto: la rivolta costa cara. E quando i Movimenti pagano, pagano caro e tutto: spesso ci si rimette la vita, le penne, la libertà. Ne vale la pena per un attempato, ma arzillo signore liftato? Non pare proprio: se vuole vivere fino a 120 anni, che lo faccia pure e in pace e serenità!

Ma su Facebook la storia non è magistra vitae e non insegna nulla. Su Facebook i gruppi si dividono fra chi istiga violenza e chi ascolta deliri senza né capo né coda. Ma si tratta di puri deliri funzionali al berlusconismo. E all'altra faccia del berlusconismo: il di pietrismo.

Innanzitutto Facebook tiene i Log dei rivoltosi: è come se chi inneggiava alla Presa della Bastiglia nel 1789, avesse dato l'indirizzo di casa alle Guardie! I ribelli con cognome e nome, numero Ip e chiavetta Internet personale, sono dei delatori di se stessi: che senso ha auto-denunciarsi su un social network, se non essere schedati preventivamente dalla Digos per una follia disumana?

In secondo luogo: se un ex poliziotto ed ex Pm, come Di Pietro, invita de facto alla ribellione violenta (dicendo che ad aizzare è il Premier), e continua a strepitare a un fascismo (inesistente! Siamo in democrazia), non viene il dubbio a nessuno che sia solo una trappola? Una manovra di poteri altri? Un gioco per adescare sedicenti movimenti No_B? Un pasticciaccio per cani sciolti da sbattere in galera? Ma ha senso? No, non ce l'ha proprio.

In terzo luogo: la personalizzazione dello scontro porta ad armare la mano del cane sciolto o del "regicida di turno" (come a Sarajevo, come per 40 anni di storia italiana...), è una pericolosa china per tutti. La "personalizzazione dello scontro" ha portato all'uccisione di tanti civil servants tra gli anni '70 e 2000 (l'ultimo è il giuslavorista Marco Biagi). Quali lutti "agli Achei" e frutti avvelenati ha portato questa aberrante personalizzazione della lotta politica?

Rosy Bindi, il cui Professore venne barbaramente ucciso dalle Br, esprime solidarietà a Berlusconi ma insiste che Berlusconi è artefice di questo clima tossico: ogni giorno, in effetti il Premier parla con il linguaggio non di uno statista, presidente di tutti (fan ed avversari), ma con il linguaggio simbolico e mediatico, da anarco-capitalista che vuole abbattere le istituzioni. "Lo stato è il problema o la soluzione": c'è più Reagan o più Roosevelt in questo approccio?

Berlusconi, poi a Copenaghen, mentre la Ue cercava di trovare soldi da distribuire ai Paesi poveri per convincerli a ridurre le emissioni di CO2, disegnava "mutandine femminili", di fronte agli occhi di Gordon Brown e di Angela Merkel. Mister President, le pare che Churchill o Roosevelt (ma anche Reagan o l'iron lady Tatcher) avrebbero preso carta e penna per distrarsi dai discorsi seri?

Berlusconi si difende DAI processi, invece che nei processi, come farebbe un anarchico dei black blocs che non riconosce né l'autorevolezza né tanto meno l'Autorità dello stato. E' vero che, senza immunità parlamentare, Berlusconi si sente come il "re nudo" dell'omonima novella; ma non sarebbe il caso di risolvere i nodi politici con la politica e mantenere, allo stesso tempo, un atteggiamento compos sui che non dia adito a fraintendimenti?

Berlusconi usa un linguaggio machista in ogni occasione pubblica: alla riunione del Ppe a Bruxelles, forse mèmore del Celodurismo del Bossi della prima ora e di un certo Craxi ai tempi della "Milano da bere", ci ha ricordato che lui è il Premier con le palle. A un meeting politico, bisogna proprio usare lo stesso linguaggio da Happy Hour? Certe espressioni private debbono proprio essere sdoganate davanti a tanti Primi Ministri? Cicerone utilizzava il greco (al posto del latino) per certe espressioni private e solo nelle lettere ai familiari: in pubblico non si sarebbe mai sognato di cedere a una retorica demagogica e così sbrodolata. A furia di sdoganare, non crede che dalla padella, si finisca nella brace? E si finisca per buttare via "il bambino con l'acqua sporca"? Distinguere è segno di intelligenza: sparigliare le carte a ogni costo, produce invece caos.

Detto ciò, anche il Berlusconi che alza i toni e tiene il paese in eterna alta tensione, non ha mai alzato il tiro: non è stato Bava Beccaris. E la violenza contro le persone non è un "esercizio di stile", ma un reato (una serie di reati!). Il penale è personale: per i ragazzi di Facebook, ingenui militanti nel Panoptikon del Grande Fratello, ricordarselo, può essere utile. Per evitare di finire dietro le sbarre per deliri (forse neanche loro, ma altrui).

Chi ha già vissuto e visto i frutti avvelenati della Guerra al Potere, dice di getto: No, grazie. Vogliamo la libertà di contestare il machismo verbale di Berlusconi, vogliamo la libertà di espressione, vogliamo "tutto". MA senza cadere in oziosi e pruriginosi Déjà vu: rileggiamo la trilogia di Nanni Balestrini, abbiamo imparato a riconoscere le trappole. E le istigazioni verbali di Di Pietro, non incantano più nessuno: portano solo a Sante Inquisizioni e Cacce alle Streghe: nessuno ci crede! Che viva il re, dentro i confini democratici e istituzionali, e che vivano gli eterni ribelli con i loro sogni di libertà. Il resto è un brutto film già visto, che ha portato lutti non solo agli Achei ma anche ai Troiani. Abbassare i toni, sarebbe meglio per tutti: ma soprattutto sarebbe utile non ascoltare certe "sirene" subdole e pericolose.

(L'Eternauta e Perché tanto Odio? di Totem, sono fumetti a cui mi sono ispirata per questo Post, fra parentesi e fuori tema rispetto al blog. M.C.)

giovedì 10 dicembre 2009

Fattore D/Le donne si intendono di exit strategy

Una donna sa divorziare o lasciare il suo compagno con stile e senza drammi, figuriamoci se non saprebbe affrontare con creatività, talento e professionalità l'Exit strategy per uscire dal tunnel della crisi. Anche perché le donne sanno riconoscere le priorità, senza diventare schiave di imperativi (altrui), ma conciliando felicità, benessere, tempo libero, emancipazione, libertà e indipendenza, diritti e doveri, senza scendere troppo a compromessi e senza svuotarsi o allinearsi a "squadrismi estetici" (e non). Con il senso del futuro per figli e nipoti nel Dna, senza rinunce, molte donne sanno occuparsi "sia dello stato del mondo che del loro ombretto", senza scadere nella superficialità banalizzante, e si sono perfino "emancipate dal bisogno di dimostrare la propria dignità". Queste donne, con tutti i loro pregi e difetti, saprebbero dare qualche dritta per riagganciarsi alla ripresa? Provare, può essere utile.

Da leggere: L'ECONOMIA DELLE IDEE / La crisi è questione femminile (di Gianfranco Fabi).

"L'Italia resta il paese con una delle percentuali più basse d'Europa di partecipazione al lavoro delle donne. Ma se è vero che i problemi nuovi, come l'exit strategy dalla crisi, vanno affrontati con metodi nuovi, allora anche sul fronte del lavoro, dell'occupazione e della professionalità le strade nuove possono essere proprio quelle dei giovani e delle donne".
[Fonte: IlSole24Ore.com]

mercoledì 9 dicembre 2009

Il global warming peggiora la vita alle donne povere; ma a Copenaghen lo sanno?

A Copenaghen si discute di cambiamenti climatici al Summit sul clima. Il rapporto 2009 del Fondo per la popolazione dell’Onu (Unfpa) ha di recente denunciato che 1,5 miliardi di persone sono messe in grave pericolo dai disastri naturali: soprattutto donne povere.
La maggior parte vive con meno di un dollaro al giorno e sono, appunto, donne.
Il Vertice di Copenaghen potrebbe rimettere l'accento sulla pianificazione familiare (meno figli, ma più in salute) e sull'IT (altro grande assente del Summit), ma preferisce forse parlare d'altro...

[Fonte: Bbc]

giovedì 3 dicembre 2009

Risposta a Giavazzi: Perché le donne sopportano un peso così sproporzionato? Darwin le dice nulla?

Francesco Giavazzi, nell'articolo "Famiglia, le virtù e i costi (alti) del Welfare all'italiana", chiede alle donne del Belpaese di illustrargli perché accettano di sopportare un peso così sproporzionato: le donne cioè non rientrerebbero nel mondo produttivo, non per la cronica mancanza di asili nido, ma per colpa loro. Insomma, c'è un po' di Dna patriarcale ed Eva contro Eva in questo interrogativo: a remare contro le donne sono le donne stesse: è una sub-cultura che le tiene attaccate al focolare, ad accudire bimbi, anziani e genitori. Ma è proprio così?

Partiamo dall'uso della parola "colpa", innanzitutto. Sa tanto di mela da non cogliere e di cacciata dal Paradiso terrestre. In fondo, se non funziona qualcosa nella società, cherchez la femme. Facile, no? L'uso dell'espressione ha l'amaro retrogusto dello scaricabarile: se certi comportamenti non si impongono nella società, è responsabilità di chi non protesta, ma vota turandosi il naso. E' come se alle donne andasse, in fondo, bene così. Ma certi cambiamenti dovrebbero essere priorità di tutti! E non solo delle donne: qui va chiesta la rottura culturale degli uomini stessi. Una cesura col passato, chiara e netta .

Sono gli uomini a doversi interrogare per primi, dopo millenni di patriarcato entrato nel Dna, su quante rinunce abbiano fatto nella loro vita per "spezzare il circolo vizioso" (Susanna Camusso): quanti uomini hanno rinunciato a qualcosa nella loro professione, per consentire alle donne di non uscire dal mondo del lavoro o per aiutarle ad averne uno proprio? Il coming out deve essere maschile. Innanzitutto.

Quanti uomini hanno calcolato quanto lavoro domestico delle donne abbia agevolato la loro vita professionale e pubblica?

Capitolo asili-nido parcheggio: ma siamo sicuri che le donne non preferiscano il tele-lavoro (anche temporaneo) oppure dei voucher o forme di de-tassazione piuttosto che parcheggiare i figli in asili nido? Secondo la filosofia steineriana, i bambini fino a 3 anni non sono pronti per la socializzazione scolastica (lo dicono anche tanti Primari di Pediatria). Numerose donne vorrebbero avere 3 anni di flessibilità oppure di tele-lavoro (od altro) per accompagnare, dolcemente, i loro bambini alla scuola dell'infanzia, senza perdere il lavoro (e lo stipendio). Ma, poi, una volta inseriti i bimbi nella scuola, preferirebbero trovare asili dell'infanzia con orari non rigidi e burocratici, bensì elastici: negli Usa esistono asili che aprono alle 6 di mattina e, in teoria, chiudono alle 19 di sera: non per imporre orari da caserma a "piccoli soldatini", ma per consentire alle mamme lavoratrici orari flessibili (non tutte lavorano timbrando il cartellino; gli orari fissi non si conciliano con la flessibilità degli orari e dei turni di tante professioni attuali). Mamme felici e professionalmente realizzate, sono mamme migliori: lo dice anche Michelle Obama.

Capitolo maternità. La materinità oggi è un lusso per le precarie: chi scrive ha lavorato fino al giorno prima del parto e ricominciato a scrivere al compimento del terzo mese del figlio. Senza consumare un euro di Welfare. Ma con l'incubo che, per tre mesi "persi" (e 12 mesi di felicissimo allattamento!), potesse perdere non tanto il lavoro, quanto per esempio la possibilità di iscriversi all'Albo Giornalisti Pubblicisti (che richiede 24 mesi di pubblicazioni in continuità).
Quante precarie rinunciano alla maternità per evitare simili dilemmi? Quante aspettano di fare un figlio allo scadere dell'orologio biologico (compromettendo la propria possibilità di diventare mamme, per il decrescere della fertilità), a causa dell'insicurezza e dell'assenza di tutele?

Le garanzie de facto possono paralizzare "in privilegi alcuni lavori" e lasciare fuori per sempre "chi si allontana per qualche anno"? (Selma Dall'Olio).

Infine, le quote rosa: chiamate così, hanno il sapore della sconfitta. Della riserva per salvare i Panda dall'estinzione (con tutto il rispetto per i Panda!). La sociologa Chiara Saraceno allora ribalta la frittata: "Si tratta da parte degli uomini di cedere il loro monopolio del potere, (...) perché le donne sono lontane dai posti di decisione, dai bilanci".

Ma gli uomini sono disposti a cedere il timone?

E le donne, invece, sono disposte a impegnarsi in battaglie civili "di lunga durata ed esito incerto" invece di continuare ad arrabattarsi, a cercare espedienti e a volte abbassarsi a compromessi che le umiliano o che creano alienazione e frustrazione?

Insomma, tutto questo per dire: se vogliamo porre sul tavolo una riscrittura del Welfare, facciamolo dopo aver sondato tutta la questione femminile, e non soltanto alcuni aspetti, sfaccettature magari più mediatiche e appariscenti. Cambiare una società è difficile, si sa: ma è possibile solo nel quadro di una franco dibattito culturale, che investa l'intera società: uomini compresi. Oggi, a pesare, è soprattutto la divisione fra lavoratrici di serie A (privilegiate, ma neanche troppo! anzi poco!, ma interamente protette dal Welfare) e lavoratrici di serie B (che non possono ammalarsi, che non fruiscono di giorni di malattia se non teorici, che non godono del diritto alla maternità, ma a cui vanno soltanto le "briciole del Welfare").

Questo è il vero nodo: il resto sono sofismi, anche non banali ed interessanti, ma che non arrivano al fondo della questione.

Oggi tutti citano Darwin: «Tutti gli esseri viventi sono esposti a una forte competizione», «Quanto più nascono individui in grado di sopravvivere, tanto più deve esserci una lotta per l'esistenza», «Ogni essere vivente deve lottare per la propria vita e sopportare una grave distruzione. I più forti, i più sani e i più felici sopravvivono e si moltiplicano».

Ecco, se il darwinismo è vero per gli uomini, per le donne, è ancora più vero. La nostra è una pura lotta darwiniana per la sopravvivenza nel mondo del lavoro e nella società. Che fare?

Mirella Castigli

mercoledì 2 dicembre 2009

Disoccupazione femminile e i Soliti Sospetti

I dati Istat sulla disoccupazione sono allarmanti: due milioni sono le persone in cerca di lavoro, l'8% (ancora sotto la media Ue del 9,3%). Ma a far un po' rabbrividire, è che la disoccupazione cala come una scure sulla testa di donne e giovani: gli atipici perdono lavoro e sono senza rete (se non raccolgono le briciole del Welfare); le donne pure.

Ma, secondo Francesco Giavazzi, è un po' colpa delle donne, se poi non rientrano nel mondo produttivo. Ormai è la sindrome dello scaricabarile. Ma sì: le donne sono tra le prime a perdere il lavoro (lo dice l'Istat), ed è pure colpa loro se preferiscono fare le mamme o accudire i familiari, invece che rientrare in ufficio o in fabbrica. La quadratura del cerchio? A noi sa di botte piena e moglie ubriaca...

E poi Giavazzi chiede con simpatia 2.0 alle lettrici del Corriere della Sera di spiegargli "perché le donne italiane accettano di sopportare un peso tanto sproporzionato".

Non si preoccupi, Dottor Giavazzi: anche noi glielo spiegheremo. Intanto lei ci illustri perché noi donne siamo le prime ad essere licenziate (qualche sospetto lo abbiamo, ma non vogliamo fare le noiose dietrologhe!). Lei ci interpreti i dati Istat e noi le diremo perché alcune perdono forse la voglia di ricercare un impiego e preferiscono affaticarsi in noiosi lavori domestici... ("noi" in senso lato: non tutte!)

Intravede i soliti sospetti? Il circolo vizioso e il cane che si morde la coda... non le dicono proprio nulla? Alla prossima puntata con il nostro point of view. Femminile e un po' licenzioso (almeno finché non ci licenziano :)

martedì 1 dicembre 2009

Fiocco rosa per la banda larga e la comunicazione online

European Interactive Advertising Association (Eiaa) fotografa le donne digitali. Dall'indagine Donne & Web emerge che: la fascia demografica dei 16-34 anni è la più digitale nel nostro paese; alle donne la banda piace larga: il broad band interessa il 67% delle intervistate in Italia.

La Rete si tinge di rosa sette giorni su sette. Su 20 milioni gli italiani online, 8,3 milioni sono donne (il 32% delle donne) con una crescita nell’uso di Internet pari al 7% anno su anno. La fascia demografica delle 16-34anni viaggia al 76%, confermandosi come la generazione rosa decisamente più geek in Italia e oltre la media europea (60% nell'utilizzo di Internet) .

Le donne italiane hanno il primato per l’ammontare di tempo trascorso in Rete: 12 ore settimanali online (contro la media europea di 11 ore). Il 20% delle donne passa tempo online anche nei fine settimana, con una crescita decisiva pari al 54% negli ultimi 2 anni. Non sorprende quindi che il 29% sia dichiaratamente heavy user, con più di 16 ore a settimana.

Le donne spengono la TV e accendono il Pc. È in caduta libera il divario che fino a poco tempo fa separava il piccolo schermo dal Web. Oggi la televisione perde terreno: le 15 ore trascorse settimanalmente davanti alla TV, sono tallonate dalle 11 ore abbondanti passate (media europea al femminile).

Anche in questo caso, le 16-34enni italiane trainano il passaggio al Web, con il 14% di tempo in meno trascorso davanti alla televisione, ma il 13% in più su Interne . Il sorpasso della Rete è già realtà tra le 16-34nni (con una media di 13,7 ore settimanali su Internet, contro le 12,5 davanti alla Tv).

Infine alle donne la Banda piace larga e senza fili. Le cyber-navigatrici in rosa fanno da apripista e mettono la freccia sul governo, che ha congelato i fondi broad band. Il 67% delle donne italiane naviga in banda larga. Parliamo di 5 milioni e mezzo di persone, di cui il 71% delle 16-34enni. Il 45% delle 16-34nni nel nostro Paese ha una connessione wireless.

Sul Web vincono chiacchere e gossip, o meglio la comunicazione. L’email è lo strumento più importante: nella media europea al 79%. Stessa coerenza per gli strumenti di instant messaging: 36% in entrambi i casi. Il blog cresce a doppia cifra con il 21% di crescita anno su anno.

Il 76% delle intervistate in Italia dichiara che grazie a Internet può gestire le proprie finanze, mantenere il contatto con amici e parenti (68%), accedere a informazioni legate alla salute e benessere (44%), prenotare vacanze (43%), scegliere prodotti o servizi più competitivi, anticipare cambiamenti nel proprio stile di vita. L'online diventa la Rete di salvataggio delle donne digitali.

Alison Fennah, executive director EIAA spiega così la valanga rosa in Rete: “In poco tempo hanno compreso i vantaggi dell’online per gestire con maggior efficienza la quotidianità, ampliare il proprio network, mantenersi informate e aggiornate. E’ un’audience altamente strategica per gli inserzionisti, dal momento che hanno di fronte soggetti molto attivi e coinvolti, pronti a sfruttare Internet per far sentire più chiara la propria voce. Ma anche per formarsi un’opinione e, perché no, cambiare idea”.

Ai siti di moda (45%) le donne preferiscono i siti di informazione (55%), i viaggi (50%) e la finanza (48%). In crescita è anche l'e-commerce.

[Fonte: ITespresso.it]