venerdì 29 gennaio 2010

Quintastics ovvero la seconda rivoluzione sessuale

Secondo Martin Amis la prima Rivoluzione Sessuale, quella nata negli anni '60-'70, è fallita: lo ha detto nell'intervista ad Antonio Monda su Repubblica, dove parla di occasione mancata per il femminismo storico. Chissà invece che ne sarà della seconda rivoluzione sessuale, quella delle Quintastics (il neologismo è copyright del Daily Telegraph): le 50enni senza età, Fifty-something, capitanate da Madonna, Sharon Stone, Julianne Moore, Meryl Streep, Emma Thompson e perfino l'altera Condoleezza Rice... Tra le Quintastics c'è chi cede al tossico botulino (anche con esiti deleteri, pericolosi se non catastrofici per la salute!), e c'è chi invece come Meryl Streep punta sulla felicità domestica e professionale (ricetta a base di figli, cibo, tanto lavoro e una sessualità spensierata) per non cedere all'età anagrafica.

Scrive Repubblica.it: "Senza arrendersi, come scrive il Telegraph, a quello che Picasso chiamava "l'autunno della vita di una donna", e senza cedere al pensiero di avere ormai "più ieri che domani davanti a sé...". Una nuova generazione, che a partire dal 2010 potrà contare ragionevolmente su altri trent'anni di vita attiva e dinamica, quando soltanto 50 anni fa, la menopausa era considerata quel traguardo oltre il quale l'esistenza femminile diventava, davvero, un autunno dei sentimenti e della sessualità".

Chiosa Germaine Greer sulle Over-Fifty: "Una donna adulta non ha bisogno di mascherarsi da ragazzina per restare al centro dell'esistenza". Si può essere dinamiche 50enni anche senza interventi cyborg sul corpo delle donne

martedì 26 gennaio 2010

Cosa imbarazza del Cinzia-gate: le lavoratrici "a disposizione"?

Lei, Cinzia Cracchi, che per rancore, gelosia, pura irrazionalità (e chi lo sa?), travolge una intera città come un treno deragliato fuori binario, un po' mi annoia. Ma quello che mi ha irritato è in realtà una frase (la estrapolo da un titolo di giornale, Corriere della Sera): "Non volevo che finisse così ma solo riavere il mio posto".

Ma allora ai media chiedo di indagare su due interrogativi irrisolti: 1) Cinzia Cracchi ha fatto carriera per meriti propri o grazie a spinte extra-professionali?; 2) Perché poi è stata retrocessa da un posto di segretaria a telefonista del Cup: ancora, per demeriti propri o solo perché scaricata dall'ex fidanzato? Cioè: vuole riavere un posto che le competeva e le compete oppure c'è dell'altro?

Ma è questo lo stato del lavoro femminile in Italia? Fare carriera in base a principi meritocratici è proprio demodè? Esercizio di stile per accademici?

Chiudo il post con le parole di Massimo Giannini, su Affari & Finanza di lunedì 25 gennaio (titolo: La Nuova Era dei lavoratori "a disposizione"). Parlava d'altro (i lavoratori non standard), ma torna comodo in questi tempi bui di mignottocrazia a 360 gradi: "La riforma più seria e più urgente è quella del Welfare, che serve a tutti gli italiani".

Soprattutto ai giovani, grandi esclusi dal mercato del lavoro (e bombardati dalle "armi di distrazione di massa" come l'idea di far uscire di casa a 18 anni i famosi bamboccioni...), ma anche alle donne di tutte le età.

Perché se una donna (giovane o di mezza età) per riottenere il posto di lavoro, non fa una battaglia di merito ma mette in piazza il proprio privato, c'è davvero qualcosa che non va. E non è una questione morale di un partito (come vorrebbe cavalcare Di Pietro: la questione morale allora travolge tutta Italia in lungo e in largo!), bensì è proprio una questione più complessa e profonda: un arretramento di mentalità, una retrocessione sociale, forse il tramonto della rivoluzione femminista (come direbbe Martin Amis nel suo nuovo romanzo in uscita). Dove le raccomandazioni, le scorciatoie e i giochi-di-potere contano più dei propri meriti.

Ma in un mondo che va sempre più verso l'estrema flessibilità dei "lavoratori on demand", donne che non contano solo sulla propria professionalità, non paiono aliene, anni '50, veramente obsolete e anacronistiche? E non sono forse un po' troppo "a disposizione" e "on demand" in questo mondo del lavoro che cambia così in fretta?

lunedì 25 gennaio 2010

Delbono si dimette, travolto dall'imbarazzante Cinzia-Gate: machismo, sì o no?

Bologna la dotta, ci ha spiegato ieri Dario Di Vico sul Corriere della Sera, non esiste più: mettiamoci il cuore in pace. O comunque Bologna si è secolarizzata, come Firenze, Prato e le regioni rosse. Il pressing però cresceva: le dimissioni di Delbono (pare, merito di Prodi) fanno tirare un sospiro di sollievo a tanti.

Perfino dalle colonne de Il Riformista Ritanna Armeni aveva chiesto la testa del primo cittadino di Bologna, travolto dall'imbarazzante Cinzia-Gate: imbarazzante, non per i soliti dettagli privati-dati-in pasto-al-pubblico (ben prima dell'Affaire Marrazzo, la privacy è la Cenerentola di questi anni...), ma per i dubbi sollevati in merito alla "disinvolta" gestione di risorse pubbliche, diarie, bancomat (ma le eventuali accuse di peculato e truffa aggravata sono materia giudiziaria).

Armeni però ha sollevato il velo sul punto centrale del Cinzia-gate: “Maschilismo, offesa della dignità della donna: si dovrebbe dimettere". Altro che il "Caro Flavio, tu hai una vita privata complicata, fatta di donne e figli..." di Alfredo Cazzola: qui ci sarebbe sotto di più, un machismo pesante.

C'è forse una questione morale interna al Pd? (E come dimostra il ritorno-del-velinismo per le Regionali, anche nel Pdl?)

Regionali: In Toscana il Pdl preferirebbe una "bella donna" a un politico d'esperienza

Tutto parte dalla Toscana: Riccardo Migliori è stato giudicato con esperienza, ma sul fisico "no, non ci siamo". "Qui ci vuole una bella donna" (Lo racconta La Repubblica). La pregiudiziale estetica torna pesantemente alle Regionali? Ma se a caderne vittima è un uomo del Pdl, ex An, non è che le donne verranno trattate secondo meritocrazia. L'eventuale scelta di Monica Faenzi, ex sindaco di Castiglione della Pescaia, come candidata in Toscana per il Pdl alle Regionali di marzo, avverrà in base al curriculum vitae? Quale?

"Il gran ritorno delle veline-candidate tutte in lista su ordine del Cavaliere" di Francesco Bei riporta tutti i rumors: dall'andirivieni a Palazzo Grazioli, senza più l'impiccio di Veronica Lario e della fermata dell'Ataf (spostata per motivi di security), alle famigerate farfalline del negozio di bigiotteria.

Beh, a questo punto saremo ingenue ma... quando la storia si ripete, il rischio è che si tramuti in farsa!

A Viterbo è stata invece segnalata l'insurrezione delle donne contro M. Tyson, l'ex pugile: "È un cattivo esempio, qui a Viterbo gli stupri sono in aumento e inviarlo è stato davvero una pessima idea".

mercoledì 20 gennaio 2010

Donne Usa alla riscossa, mentre le "quote rosa" deprimono le svedesi

La meritocrazia è tutto? C'è da riflettere nelle Pari (e dispari!) Opportunità su due notizie, che messe insieme dovrebbero far riflettere chi vorrebbe le "quote rosa".

In Usa, dove Think different è solo un vecchio e azzeccatissimo slogan di Apple, e dove le quote rosa non sono Legge come in Svezia, le donne americane hanno scalato la marcia e imboccato la strada giusta, dando l'addio al Gender Gap in tema di stipendi: "Una donna americana su cinque guadagna più del proprio partner" (vedi IlSole24Ore.com). È successo anche a Michelle Obama, prima di diventare First Lady. In Usa la meritocrazia e un sano pragmatismo hanno fatto molto più di tante teorie (basta dare uno sguardo alle carriere di Carol Bartz, Ceo di Yahoo!, Marissa Meyer di Google e tante altre protagoniste della Silicon Valley in tailleur...).

In Svezia, dove si è voluta imporre una parità numerica 50 e 50 per Legge, si è scoperto che il Pink block fifty-fifty ha in realtà penalizzato le donne: ha depresso la meritocrazia. Le Pari Opportunità forzate discriminano le più brave e motivate? (vedi La Repubblica).

È difficile a volte stabilire quali tendenze in atto sono più efficaci: però la via maestra della meritocrazia, difficilmente delude. La lezione di Stoccolma deve insegnare: "Secondo fonti ufficiali, nel 2009 circa 5400 studenti non hanno potuto iniziare i loro studi universitari a causa della legge sulle pari opportunità tra i sessi, quella del 2003 appunto. E il 95 per cento di questi 5400 sono donne". Occhio a certe avanguardie!

domenica 17 gennaio 2010

Non solo donne: il risveglio della società civile riparte da donne e immigrati

Racconta Eugenio Scalfari, nel suo consueto commento domenicale su La Repubblica: "Ricordo il numero de L'espresso - allora diretto da Livio Zanetti - che uscì con in copertina una donna incinta inchiodata ad una croce. Ricordo tanti giovani lettori che si erano offerti come volontari per raccogliere le firme per i referendum. Ricordo i cortei con decine di migliaia di persone a Roma, a Milano, a Palermo, a Napoli, e i voti di vittoria raccolti. Fu decisivo il peso che vi ebbero le donne, quelle del Mezzogiorno in particolare, che furono l'elemento decisivo di quelle consultazioni".

E prosegue: "Molti diritti sono ancora privi di tutela. Penso, tra i tanti, a quelli dei lavoratori precari e a quelli degli immigrati, che vanno di pari passo con i doveri verso la comunità di accoglienza alla condizione che l'accoglienza sia tale e non elemosina o semplice buon cuore individuale".

Per concludere: "Affinché la società sia civile, lo Stato e le istituzioni siano civili, le persone siano civili". Dopo un'estate malmostosa con le donne, un autunno caldo per i precari (quelli che più stanno pagando il prezzo della disoccupazione, ricalcolata da Bankitalia a doppia cifra: gli scoraggiati), e un tragico inverno di fuoco e fiamme contro gli immigrati regolari a Rosarno, ecco uno spunto di riflessione per tutt*, no?

[Fonte: La Repubblica]

venerdì 15 gennaio 2010

Fattore D/ La strategia di Lisbona 2010 voleva il 60% delle donne occupate: lancette dell'orologio spostate al 2020?

La strategia di Lisbona 2010, disattesa in ambito telematico (vedi IT.espresso.it: TAVOLA ROTONDA VIRTUALE: Perché si deve condividere la conoscenza), mostra crepe e ritardi anche su un altro tema cruciale: il Gender Gap.

Scrivono Alessandra Casarico e Paola Profeta sul IlSole24Ore.com: "Secondo la strategia di Lisbona il 2010 appena iniziato avrebbe dovuto essere un primo traguardo: le donne occupate avrebbero dovuto raggiungere il 60% e i bambini coperti dal servizio di asilo nido il 33 per cento. In realtà, come è ben noto, questi obiettivi non sono stati raggiunti, in Italia e in Europa. Per l'Italia il 2010 può essere un nuovo punto di partenza. Il documento presentato dai ministri Sacconi e Carfagna a inizio dicembre con l'indicazione della strategia del governo sulla promozione dell'occupazione femminile ha come titolo «Italia 2020»".

Il ritardo italiano, che abbiamo denunciato più volte su questo blogger "di genere", si misura in questa data: non più 2010, ma 2020. Come se le donne che oggi hanno figli piccoli o devono decidere se avere un figlio, potessero dire al proprio orologio biologico, ai propri bi/sogni, al proprio immaginario, di aspettare un decennio... Una decade intera, mica quisquilie!

Ma non finisce qui. L'articolo si chiede: "Tra ministre che annunciano di non volersi assentare dal lavoro e lavoratrici che scappano alla scoperta della gravidanza può esserci una strada virtuosa?".

Ma è sulle soluzioni che i ministri ci lasciano perplessi: praticamente delegano alla famiglia (ai nonni, come se oggi non ci fossero nonni-sprint che preferiscono andare a una mostra o a giocare a golf, invece che scorrazzare i passeggini dei nipotini al parco!). "Le soluzioni prospettate sono principalmente familiari (i nonni per i bambini e i figli - più realisticamente le figlie - per gli anziani) o servizi privati alla prima infanzia, ad esempio tagesmutter, buoni lavoro e buoni infanzia.
Promuovere i legami intergenerazionali invece di prevedere un intervento diretto sull'infanzia e sugli anziani è scorretto: perpetua lo sviluppo di un welfare con una donna giocoliera al centro, crea immobilismo geografico e sociale e riduce l'uguaglianza delle opportunità".

Ancora una volta il ritardo italiano è una questione "di testa". L'ennesimo Cultural Divide dell'Italia del 2010...

martedì 12 gennaio 2010

Ai toy boys di Mrs. Robinson preferiamo i bassi dati sull'occupazione femminile

Mi ha divertito leggere la brillante versione di Mrs. Robinson (nomen omen!) commentata con la consueta arguzia da Natalia Aspesi (su La Repubblica), ma alla signora reazionaria dell'Ulster (omofoba, ex?-sessuofoba e che evade le tasse) in cerca di Toy boys, mi disinteresso. Se ne occupino il fisco Uk e la bravissima Aspesi!

Preferisco leggere i dati dell'Istat (dati 2008) che dicono che in Italia lavora la metà delle donne: 47,2 donne contro 70,3 uomini.
Inoltre l'Italia si piazza tra i paesi a bassa fecondità, con 1,41 figli per donna nel 2008: si tratta comunque del livello più alto registrato negli ultimi dieci anni e va attribuito soprattutto alla componente straniera.

Chissà se la bassa occupazione femminile non sia da attribuire alla bassa spesa in istruzione? Questa nel 2007 ha raggiunto in Italia il 3,7% in rapporto al Pil, molto al di sotto della media europea del 5,1% (dati 2006).

venerdì 8 gennaio 2010

Anno nuovo, vecchi vizi?

Chiusa la partita di escort e trans, che avrebbe "turbato" l'elettorato, nel Lazio alle regionali si giocherà una partita al femminile. Cosa impensabile sei mesi fa, e resa possibile proprio dal Noemigate, dal divorzio di Veronica, dagli scatti clandestini di Zappaddu, passando per il registratore di Patrizia D'Addario e l'affaire Marrazzo. Insomma, la classica risorsa da ultima spiaggia, ma meglio tardi che mai.

Tutto bene, dunque? Polverini versus Bonino (e su Facebook c'è chi voleva candidare Loretta Napoleoni alle primarie del Pd, per non parlare di vecchie voci su Linda Lanzillotta: due nomi comunque da tenere a mente per il futuro) è una sfida che può appassionare: due donne serie e preparate, due stili diversi, due storie a confronto. Oltretutto si stimano, evitando inutili battibecchi (maschili!) stile Puglia.

Ma c'è chi non si è lasciato sfuggire l'occasione di "bruciare" l'evento con battutine al vetriolo: le nostre due esibirebbero "rughe, borse sotto gli occhi e zampe di gallina" come medaglie (per la cronaca: la gaffe è de IlSole24Ore.com). Ma sui volti di Berlusconi o Bersani a nessuno verrebbe in mente di sottolineare eventuali segni dell'età che avanza, democraticamente (almeno questa!), per tutt*! E per fortuna che Polverini e Bonino pensano a temi alti invece che a tacchi-12 e a intossicarsi di botulino: un po' di gratitudine, no?

Insomma, anno nuovo, nuove sfide: ma i vecchi vizi non moriranno proprio mai. Forse ha ragione Filippo Ceccarelli su Repubblica: "Può anche essere la classica rondine che non fa primavera. Può anche essere che il potere maschile si sia piegato come il giunco del proverbio, in attesa che passi la piena". Chiusa la parentesi degli scandali, ci rimetteranno in soffitta? Sì (in politica, è poco ma sicuro), a meno che le donne non sappiano cavalcare l'occasione, con pragmatismo, civiltà e savoir faire. Senza lagne, soprattutto :)

lunedì 4 gennaio 2010

Fattore D piatto e intelligenza emozionale azzerata? Viva le differenze sul lavoro

"E' come se le due metà del cielo, anziché ottimizzare, valorizzandole, le differenze avessero perduto le rispettive caratteristiche peculiari con il risultato di mandare in scena comportamenti uniformi", afferma una ricerca realizzata da Cofimp, società di alta formazione e consulenza di Unindustria Bologna. "Stiamo assistendo a un appiattimento verso il basso, sia per le donne che per gli uomini. Il risultato sono relazioni peggiori sul lavoro e persone chiuse in se stesse".

Cosa sta succedendo nel mondo del lavoro? Da un lato l'Italia è in ritardo, come emerge da varie ricerche sul Gender Gap; dall'altro nell'ultimo decennio le donne sul lavoro hanno rinunciato al fattore D, per adeguarsi a un modello maschile. La ricerca, condotta su un campione di 660 uomini e 540 donne tra il 2001 e il 2009, fotografa una deriva impietosa: le donne al lavoro "assomigliano sempre più agli uomini e viceversa". Donne sempre più "fredde e calcolatrici", con un crollo verticale della sensibilità da un valore di 7 a 1,3 e della cordialità da 8,1 a -0,7. Invece la sensibilità negli uomini è cresciuta da -0,1% a 5,7, ma la cordialità è scivolata da 0,7 a - 3,3%.

La "scarsa" intelligenza emozionale inoltre accomuna i manager sia uomini che donne. Insomma, la parità non passa per un'omologazione forzata e dissennata, ma per la via delle differenze... Ma va?

Basta lagne nel 2010!

Non se ne può più di sentir dire: «l'uomo non ci lascia fare», «gli uomini ci boicottano», «il maschio è padrone». Altro che vittimismo, è l'ora di darsi una mossa. Lo dice l'Avvocato Annamaria Bernardini De Pace e il discorso fila (Corriere della Sera, 31-12-2009).

Ma quali lagne? Ognuna si prende le proprie cose e responsabilità, senza lagne; e delle "eventuali lamentele" del ministro Carfagna, per farsi bella a sinistra? (Mah!), non sappiamo. Certo è che, se in molte professioni le donne hanno raggiunto la parità (soprattutto in materie umanistico-giuridiche e anche in tanti settori come alcuni rami della medicina...), di strada c'è da percorrere in altri mercati dove il Gender Gap cresce, invece di essere colmato. Senza lagne, che non ci appartengono, senza inutili commissioni, ma cercando la strada per centrare i problemi.

Fotografare le situazioni, confrontarle con il resto d'Europa, dell'Ocse e del G20, e proporre soluzioni, non significa lagnarsi. Si lagna solo chi non osserva la realtà e crede che le donne che fanno carriera (politica, soprattutto) per "meriti altri", rispetto al proprio Curriculum vitae, siano solo un incidente (mediatico? o reale?) di percorso degli ultimi sei mesi di vita italiana. Contro le accuse di mignottocrazia e vittimismo, facce speculari della stessa medaglia, c'è solo una via: meritocrazia, purché funzioni. E laddove il principio non regge, bisognerà bypassare gli ostacoli (quote rosa? più tele-lavoro e part-time? altro?). Più donne iscritte a facoltà come informatica, ingegneria, economia, fisica, matematica e chimica, sarebbero poi un auspicio per tutt*.