venerdì 30 ottobre 2009

Verità subito per Stefano Cucchi: solidarietà alla sorella Ilaria

La tragedia di Stefano Cucchi (e della sua famiglia) è quella che vediamo ripetersi, inesorabilmente, da 40 anni. Il ricordo va subito a Giorgiana Masi e alle tantissime vittime degli anni '60-'70-'80. Ma anche a Bolzaneto e alla Diaz.

Anni fa ho conosciuto la mamma di Roberto Franceschi, studente 20enne dell'Università Bocconi di Milano, colpito a morte nel 1973 da un proiettile di pistola in dotazione alla polizia, che quella sera presidiava la sua Università onde impedire una assemblea aperta agli studenti delle altre Università milanesi.

Conosco gli amici di Pinelli (e mi rattrista che alla moglie che chiede, con dignità e coraggio, la verità da decenni, lo stato risponda con reticenza e imbarazzati silenzi).

Conosco la storia di Horst Fantazzini, la sua bellissima libera vita e la sua fine, mai chiarita.

Conosco il Movimento degli ultimi 20 anni, e a troppi "buchi neri" va data risposta: verità e giustizia. No justice, no peace: o no?

Primo Moroni ha mantenuto con passione la memoria viva con il suo Archivio.
La famiglia di Stefano, sua sorella Ilaria, devono oggi avere giustizia, come tutti le morti sospette e mai chiarite degli ultimi 40 anni.
L'Archivio Moroni deve vivere.

giovedì 29 ottobre 2009

Maschilismo di stato, morte della democrazia: La raccolta firme della Libera Università delle Donne

Maschilismo di Stato, morte della democrazia:

Berlusconi si dimetta

Con questo appello, intendiamo richiamare l’attenzione pubblica sulla spirale negativa innescata dai comportamenti del ceto politico al potere in Italia: dai gesti quotidiani di disvalore verso il genere femminile si sta arrivando ad un attacco di stampo maschilista contro la stessa integrità delle istituzioni democratiche.

In altre parole, si passa da una democrazia incompiuta alla cancellazione stessa della democrazia.

Il Presidente del Consiglio è stato colto, infatti, nell’atto di passare da un utilizzo mercificato di corpi femminili per propri svaghi privati, ma giocati in luoghi destinati a fini pubblici, alla attribuzione diretta di cariche ministeriali e parlamentari (italiane ed europee) elargite come riconoscimento al fascino fisico delle candidate.

Questo comportamento è stato, da ultimo, anche sostenuto da dichiarazioni pubbliche quali "Gli italiani mi vogliono così... Sono sostenuto da un gradimento al 61%... Porto con me le veline (sulla scena del futuro G8) altrimenti ci prendono tutti per gay..”, insomma, potendo, così fan tutti.

Riconoscere che l’ampio consenso di cui gode tuttora Berlusconi vada attribuito in gran parte al fatto di interpretare modi di pensare e di agire patriarcali, radicati nel senso comune di uomini –e purtroppo anche di donne- non deve diventare un alibi per lasciare in ombra il pericolo rappresentato dalla sua permanenza in una delle più alte cariche dello Stato.

Quindi, vogliamo dire all' "utilizzatore finale” di prestazioni femminili che “grandi quantitativi” di italiane e italiani intendono contrastare questo degrado, al medesimo tempo personale e politico - due sfere implicate da sempre, al di là di ogni contrapposizione astratta e funzionale al protagonismo storico del sesso maschile.

E' necessario fermare la pericolosa deriva autoritaria di una società che si presenta incardinata sulla esclusione femminile e sulla disuguaglianza (di sesso, di razza, di condizione) e che sta compiendo il passo fatale: dalla riduzione al potere oligarchico maschile alla completa erosione degli assetti democratici, violando la pari dignità umana di donne e uomini, la libera espressione del pensiero, la libera informazione, la libera competizione nella rappresentanza.

Chiediamo a chi si riconosce in questo appello di dare avvio ad un movimento che, partendo dalla conoscenza dei fatti, elabori in forma partecipata azioni incisive tese ad ottenere, come atto primo indispensabile per il rispetto di elementari principi di democrazia e di civile convivenza fra i sessi, le dimissioni di Berlusconi e dei suoi fidi seguaci dalle cariche pubbliche.

Maria Grazia Campari
Floriana Lipparini
Lea Melandri

Firmate la petizione online

Obama vara la legge contro l'omofobia

Il Presidente usa Barack Obama ha messo la sua firma sulla legge che equipara i reati di omofobia a quelli di razzismo. Il Matthew Shepard Act è la legge Usa contro l'omofobia, che amplia il ventaglio degli "hate crime", i reati mossi dall’odio (razziale, omofobo...).

In Italia una simile legge è stata affossata pochi giorni fa, sotto i colpi di un vaticanismo spinto sposato da diversi politici nostrani.

Aperta parentesi: Obama giocherà a basket con chi gli pare (solo maschi? capita, macchè maschilismo!), ma ha difeso anche il ruolo delle donne. Senza Michelle, che oltre a lavorare badava alle figlie, non avrebbe mai potuto fare politica e scalare la Casa Bianca. Ma va......? Il fattore D serve anche in politica (sì, la moglie di Marrazzo lo sa!)

mercoledì 28 ottobre 2009

Il fattore D? Funziona in azienda, ma l'Italia lo ignora

Mentre l'Italia retrocede nelle Pari Opportunità (fonte: Wef), la presenza femminile ai vertici delle aziende quotate in borsa registra un nuovo arretramento nel segno del rosa.

In Italia sono 2831 i posti disponibili nei consigli di amministrazione delle società presenti a Piazza Affari, ma solo 167 di essi sono occupati da donne: un misero 4% circa del totale (dati: Ocse).

Eppure il fattore D è stato meglio di una vitamina anti-recessione: le aziende con più donne hanno retto meglio la crisi e hanno messo a segno anche rendimenti e conti migliori. Inoltre la presenza femminile aumenta anche in università, dove le donne scavalcano gli uomini (fonte: Unioncamere).

Ma l'Italia snobba, implacabilmente e inesorabilmente, il fattore D... Se poi non sono esteticamente all'altezza, che ne sarà di loro?

martedì 27 ottobre 2009

Pari opportunità, l'Italia retrocede di tre posizioni ed è fanalino di coda nella Ue (Wef)

L'Italia si conferma dispari nelle opportunità fra uomini e donne. Il Belpaese perde tre posizioni in dodici mesi nella classifica mondiale delle pari opportunità: L'Italia retrocede al 72esimo posto su 134.

La classifica del World Economic Forum di Davos (Wef), stilata sulla base del Gender Gap Index, è impietosa. Lo scettro delle pari opportunità spetta all'Islanda, seguita da Finlandia, Norvegia, Svezia e Nuova Zelanda. Fanalino di coda è lo Yemen. Ma "L'Italia - illustra il Wef - continua ad occupare una delle ultime posizioni tra i Paesi europei" per i "risultati sempre scarsi in materia di partecipazione economica delle donne".

Insomma, bocciatura su tutta la linea!

Intanto il Botswana elegge una donna presidente Parlamento: Margaret Nasha è stata eletta presidente dell'Assemblea nazionale, per la prima volta nel paese dell'Africa australe (dove solo 4 donne si sono aggiudicate uno dei 62 seggi in palio).

Il Ministro Mara Carfagna correrà ai ripari?

domenica 25 ottobre 2009

La videocratica mercificazione di donne e transgender pervade la società italiana: è vero che "Basta apparire"? Dieci domande ai media italiani

Nell'inquietante vicenda del governatore del Lazio, Piero Marrazzo, ritroviamo un fil rouge che lega questa torbida vicenda (fatta di ricatti e istituzioni allo sbaraglio) alla stagione di "scandali, escort, ricattabilità e sesso mercificato" che invade i media italiani fin dalla coraggiosa lettera di Veronica Lario contro il ciarpame. In un'Italia dove delle "donne, i cavalier, le armi e gli amori" dell'immaginifico Ludovico Ariosto non è rimasto che uno sbiadito e farisaico ricordo, calpestato da una pesante e deprimente mercificazione dei corpi.

Nell'Italia che ha deciso di riportare l'orologio delle donne (e del movimento Lgbt) indietro di 60 anni (se non di più), c'è qualcosa di grottesco, ipocrita e fasullo. Qualcosa che ci lascia disarmate, ma poi ci fa arrabbiare profondamente: qualcosa che vogliamo spazzare via, una volta per tutte, per il bene dei nostri figli e nipoti.

Innanzitutto, osserviamo il ritorno alla stagione (che speravamo superata) dei vizi privati e pubbliche virtù, dove al dovere della verità e della trasparenza (ah, la glasnost!) si stanno sostituendo ipocrisia e atteggiamenti farisaici: ai comizi l'establishment presenta la famigliola (anche allargata), mentre in privato vive una (legittima!, ma, ahime', nascosta e, ergo, ricattabile) Second Life. Come se i piani (pubblico e privato), tenuti artificiosamente separati, non potessero mai convergere e intersecarsi, creando invece un insidioso loop e una allarmante "falla nel sistema".

Ecco allora dieci semplici domande ai media italiani. A cui sarebbe utile trovare in fretta delle risposte, prima di essere (tutti) travolti da una valanga di gossip, torbidumi e ricatti vari, da cui non tutti forse hanno la schiena dritta per uscirne vivi e senza ammaccature. Ovviamente, ci auguriamo che nessuno, in questa dirty war, ci rimetta le penne, la dignità e la rispettabilità.

1) In una stagione di (vera o presunta) militarizzazione dello scontro mediatico (per fortuna solo a parole, perché questo paese ne ha vissute di ben più pesanti!), come si poteva pensare che gli attacchi (pur legittimi) alla vita privata di una parte politica, non avrebbero avuto ripercussioni anche sulla parte avversa?

2) Chi è così super partes da poter scagliare la prima pietra: è una frase di circostanza o ha un suo fondamento?

3) Se un politico sa di avere il "classico scheletro nell'armadio", perché non fa coming out (con consapevolezza e maturità), prima di essere travolto dall'inevitabile scandalo?

4) Era così difficile prevedere il "chi la fa, l'aspetti" durante uno scontro così duro e senza esclusione di colpi?

In secondo luogo, ci imbarazza e rattrista la continua, strenua, negazione di pari rispettabilità e pari opportunità per Transgender e Omosessuali: come se soltanto la sessualità etero fosse degna di rappresentazione nella Societé du Spectacle della polique-politicienne italiana. Transgender, Gay e Lesbiche lottano ogni giorno in Italia per essere rispettati e per ottenere diritti, come già avviene in diversi paesi europei: parliamo di diritti basic, come per esempio la richiesta di Legge contro l'omofobia o sui Pacs (o i successivi Dico). Il tutto mentre nella Germania della conservatrice Angela Merkel vediamo omosessuali (dichiarati, rispettati e sereni) al potere: senza drammi!

5) Perché in Italia c'è solo pruderie e non reale rispetto verso chi non è etero?

6) Perché i corpi di Trans e LGBT (come per altro i corpi delle donne, nella vicenda delle escort berlusconiane) vengono invece esposti solo come carne da macello (ai fini dell'audience) e scagliati come corpi contundenti nello scontro politico?

7) La compra-vendita dei corpi avviene ovunque e ad ogni ora del giorno e della notte: Perché la sessualità mercificata continua ad attirare tanto, in maniera esibizionistica e ipocrita in Italia?

Il velinismo non è solo di destra e non è solo femminile. Quando ci scandalizziamo dell'estetica ridotta a passpartout per il potere, scordiamo che ci sono anche altri "ascensori sociali", non meno inquietanti. In Europa si diventa politici, in genere, in base a un curriculum, ottenuto sul campo. In Italia (da anni!) vediamo giornalisti e velini vari (anche maschi, e di tutte le parti politiche) che diventano politici, solo per la visibilità conquistata in Tv, senza nessun altro (o quasi) merito e cursus honorum.

8) Ha ragione Videocracy a denunciare che in Italia basta apparire?

9) Le vicende Berlusconi-Marrazzo (pur gestite politicamente agli antipodi - con l'auto-sospensione del politico del Pd in attesa delle dimissioni -) dimostrano l'inesorabile fine della privacy nel Belpaese: perché non ammettere che nel mondo digitale il diritto alla riservatezza non esiste più, ma al contrario sta diventando solo un'arma nelle mani degli avversari politici e dei servizi segreti?

10) Perché non trasformare il gossip strisciante in un legittimo diritto alla trasparenza?

Infine, una battuta (un po' cattiva e politically incorrect!) su via Gradoli: From Marx to Sex market: dai Compagni-che-sbagliano alla mercificazione dei corpi?

Speriamo che la politica italiana scopra la bellezza del sesso libero, la trasparenza del coming out, la denuncia di ogni sopraffazione e ogni ricatto, il potere dell'emancipazione e della liberazione sessuale, e il doveroso rispetto verso Transgender, Gay e lesbiche, donne e disabili. Solo con una rivoluzione copernicana dell'immaginario e della (sub)cultura italiana, forse, sarà possibile uscire da questa stagione di veleni, poison pills e ricatti, recuperando trasparenza e rispetto verso tutt*.


Update 27/10/2009: Due spunti di riflessione:
- IERI D'ADDARIO OGGI MARRAZZO / Un boomerang per i farisei (IlSole24Ore.com)
- La macchina del Fango (di G. d'Avanzo La Repubblica)

giovedì 22 ottobre 2009

Se pure la 62enne Hillary Clinton è più rugosa del 90enne Kissinger. Senza lifting, le donne sulla stampa italiana meritano il burqa

Sdoganate dal nostro Premier, le battute sulle donne ormai dilagano. Perfino un giornale, non della galassia berlusconiana, come La Stampa, è incappato nell'ennesima gaffe. Riporta Camilla Baresani nella sua rubrica "Asterisco" sul Magazine del Corriere della Sera: "Didascalia di una foto (...): Appena seduta le rughe sono apparse senza pietà". Di chi si parla? Di una befana? Chi è così rugosa da meritare tanta acrimonia e tanta violenza verbale? Leggendo La Stampa, scopriamo che si tratta della 62enne Segretario di Stato Usa Hillary Clinton, seduta accanto al 90enne Henry Kissinger. Ora: secondo voi, avrà più rughe e sarà più cadente la Clinton o il vecchio Kissinger? Commenta Baresani che il disprezzo per le donne di mezza età salta fuori anche nei posti più impensabili, per concludere: "Basti pensare che per i maschi non esiste l'equivalente di befana: al limite, quando un signore galante è parecchio su d'età, lo chiamano Papi". Il maschilismo è insomma nel Dna dell'italianità?

Un altro aneddoto, solo per dimostrare come il maschilismo imperi sui media. Sull'editoriale ORSI & TORI di Milano Finanza del 10 ottobre, Paolo Panerai si è cimentato su un pezzo che avrebbe dovuto fare sorridere i suoi lettori (maschi?), ma lascia basite noi lettrici donne. Partendo da un'analisi su Berlusconi tratta dal Wall Street Journal (proprietà di Rupert Murdoch, attuale antagonista del Premier italiano), Panerai si è soffermato sulla risposta di Rosy Bindi alla famosa gaffe di Berlusconi ("Ho sempre pensato che lei fosse più bella che intelligente"). Secondo Panerai, Berlusconi avrebbe voluto (e per il bene del paese si è astenuto!) rispondere al "Non sono una donna a sua disposizione" con una battuta ancora più folgorante ed esilarante: una nuova gaffe di largo consumo, un non detto che (dice Panerai) avrebbe regalato a Vespa un incredibile picco d'audience... e a noi donne, l'affondo finale?

mercoledì 21 ottobre 2009

Le donne vescovo anglicane riescono laddove la Controriforma fallì

Le donne vescovo anglicane sono riuscite a disarmare secoli di guerre fra Comunione anglicana e Chiesa di Roma: per la prima volta nella storia del cristianesimo, spezzoni di una chiesa passano all'altra senza scomuniche.

C'è un denominatore comune in questa vicenda? Sicuramente, il secolarismo che ha indebolito le Chiese, ha facilitato l'esodo; ma il vero motore della migrazione sono state le donne vescovo, mai accettate dai fuoriusciti Anglicani.

Insomma, una banale quanto storica misoginia: meglio un Prete sposato che una donna vescovo? Agnosco stilum Romanae ecclesiae...

From market to Marx. E le donne? A guardare le soap in Tv!

L'Italia berlusconiana ama il passo del gambero: brucia le tappe verso gli anni '50, riscopre addirittura il bello del Posto Fisso (ma intanto si sbarazza dei precari della scuola e flessibilizza tutto il possibile: la coerenza? E' troppo!) e manda in cantina, solo per un istante, la globalizzazione (mercatista, ça van sans dire).

In questa bolla di semi-Autarchia, che posto hanno le donne? Ancora non ce l'hanno spiegato. Ma si profila una vita plasmata dalle Soap Opera (sì, proprio le serie Tv interrotte da tanti spot di detersivi, saponi e bucati). Magari a fare la calza e a star dietro ai fornelli, ché fa sempre comodo (con la crisi, mica vorrete andare al ristorante o rinnovare il guardaroba?).

Oggi un disoccupato su 5 è tuttora scoperto dal sistema di protezione sociale (la disoccupazione è declinata al femminile, v. Reuters). Ma invece di parlare di flex-security o del contratto unico di Tito Boeri, si tesse l'elogio del Posto Fisso, sapendo benissimo che si illudono le persone e che il posto-a-vita è stato reso anacronistico ancor più dalla recessione (come spiega bene Federico Rampini sul suo blog). Ma va? Le donne che lavorano già lo sanno, ma al governo forse non se ne sono accorti...

martedì 20 ottobre 2009

Il Posto Fisso? Macché: il sogno dei lavoratori è essere fotografati con una escort

Mentre il Ministro Giulio Tremonti scopre il bello dei No Global (chissà se di nascosto sotto il gessato mette magliette con scritte come Crash Capitalism o legge i libri di Naomi Klein...) e, un po' fuori tempo massimo rispetto alla storia, sconfessa la Tatcher e recita l'elogio del Posto Fisso (mentre, con l'altra mano, in Parlamento aumenta la flessibilità dei lavoratori), Paolo Villaggio che, sul personaggio di Fantozzi ha costruito la parodia del Posto Fisso, entra a gamba tesa nel dibattito in corso. E dice: "Qui tutto è fisso" dal presidente del consiglio al gioco del lotto a stipendio fisso. Ma con vena caustica, conclude, a proposito dei lavoratori medi: "Il loro sogno non è il posto fisso, è essere fotografati con una velina". [Fonte: Corriere della Sera]

Non dubitavamo che il velinismo e le escort sarebbero rispuntate fuori. Ormai in ogni salsa.

Del resto è un pensiero fisso. "I modelli sono le veline, escort, calciatori di successo, qualche attore e i politici tutti". Il corpo delle donne ritorna in prima pagina, come premio (o surrogato?) agli impiegati stakanovisti.

Per le donne, riprendere in mano le redini del proprio destino e riappropriarsi del proprio corpo, sarebbe già un passo avanti: anche perché non vorremmo che l'utopia del Posto Fisso, già finita nel cestino della globalization, venisse rimetabolizzata e rielaborata proprio ai danni delle donne, il cui corpo è ormai il parafulmine preferito dell'attuale scontro politico.

The fault, dear Brutus, lies not in our stars but in ourselves.” (Julius Ceasar by William Shakespeare)

lunedì 19 ottobre 2009

Aria di riot e tazebao: la protesta contro una pubblicità corre in metrò

A proposito di una ennesima pubblicità controversa e senza dignità sul corpo del donne (il Claim recita: Pretendi di più, perché la protagonista non ha la silhouette di una modella, ma vorrebbe avere forme perfette in armonia con i diktat imperanti dei media patinati), la giornalista Marina Terragni scrive sull'inserto Io Donna del Corriere della Sera: "(...)Si è visto ben di peggio. Ma stavolta scatta qualcosa".

Per la cronaca, la pubblicità nella stazione di un metrò sta diventando un Tazebao (o per i più cyber, una Bbs analogica o un Facebook cartaceo), in cui chi passa esprime il proprio pensiero contro la pubblicità aggressiva verso l'immaginario e il corpo femminile: "Ragazze e ragazzi che passano di lì, e dicono con semplicità che il corpo è loro". E non degli utilizzatori finali o degli stawlker.

La "nostra" generazione cyber-hacktivist, fin dalle prime Bbs libertarie, passando per Isole nella Rete e poi per Indymedia, ha cercato sempre di dare voce a chi non ha voce. Di condividere saperi senza fondare poteri (come ci ha insegnato Primo Moroni). Di svelare che il re è nudo. Che i protagonisti della nostra vita siamo noi, e non i burattinai di turno.

Le avvisaglie di riot a colpi di pennarello in metrò mostrano che forse la generazione di Facebook, MySpace e Twitter si sta finalmente reimpossessando della propria voglia di partecipare anche in Real Life, di dire ciò che pensa liberamente, anche staccata la spina, senza inutili conformismi e barocche ipocrisie. Forse è l'ora di dire No, grazie all'abuso dell'immagine del corpo femminile? Ma sì, forse sì.

venerdì 16 ottobre 2009

La battuta sulla Bindi? Di largo consumo: come dire, da supermarket!

Berlusconi si scusa a modo suo con Rosy Bindi (e cioè rilanciando la battuta con una nuova gaffe). Dice: «Mi spiace per la Bindi, era una battuta di largo consumo».

...Largo consumo?

Ma che espressione è riuscito Berlusconi ancora una volta a elaborare?

Largo Consumo a tant* fa venire in mente una storica rivista da grossisti degli anni '80, fondata dall’editore torinese Pier Carlo Garosci, dedicata agli operatori dell'industria, della distribuzione e dei sistemi e servizi collegati della filiera dei supermarket.

Insomma una battuta da supermercato, da Gdo, che potremmo sentire in coda alla cassa degli anni '60. Una battuta flash-back in stile anni d'oro della Standa. Una battuta che è un salto nel tempo alle origini del mercato di massa.

Una spiritosaggine come tante: appunto. E' proprio il marketing legato alla battuta, che ci inquieta. Perché vuole riportare l'orologio delle donne indietro nel tempo: agli anni '50. Alle Barbie (di larghissimo consumo!). E forse anche più in là.

Agli albori del cash and carry e del Largo Consumo. Forse per rimarcare (inconsciamente) il concetto che più gli è caro: una battuta ad uso dell'Utilizzatore Finale nel Supermarket delle donne a scaffale?

giovedì 15 ottobre 2009

L’arroganza del potere machista sta corrodendo l'Italia del 2009? Intervista a Grazia Verasani

"Questo è un libro che, nonostante non tratti esclusivamente di donne, si può definire un tributo all’altra metà del cielo. Donne combattive, donne fragili, donne annichilite, donne risolute, donne violate o donne piene di aspettative per un lavoro da apprendista. Qual è l’atteggiamento della Cantini nei confronti delle donne sconfitte?" Domanda Marilù Oliva di CarmillaOnLine, e Grazia Verasani (di cui è uscito l'ultimo libro, Di tutti e di nessuno, edizioni Kowalski, ultimo capitolo della trilogia Quo vadis, Baby? e Velocemente da nessuna parte) risponde senza peli sulla lingua.

Verasani commenta: "L’arroganza del potere machista, camuffato da galanteria d’altri tempi, è corrosivo e ingiurioso per tutte quelle donne i cui meriti vengono scavalcati da chi si fa connivente di un regresso culturale di cui la sinistra non riesce, ahimè, a essere antagonista".

Forse non tutto è condivisibile per tutt*, ma è senza dubbio uno spunto di riflessione per tant*
[Fonte: CarmillaOnLine.com]

mercoledì 14 ottobre 2009

E se non dover portare il burqa non bastasse?


Domenica sera, a Padova, due ragazze lesbiche sono state aggredite da un gruppo di marocchini fuori da un locale gay della zona Portello. Le due donne stavano litigando, a quanto pare, per una questione di gelosia. Le urla delle due hanno attirato i nordafricani che, invece di sedare la rissa, hanno ricoperto di improperi le due ragazze, spintonandone una che è finita a terra e si è sentita dire da uno degli uomini: "Al nostro paese queste cose (l'omosessualità femminile, nda) si puniscono con la lapidazione". Sprezzante, l'uomo si è girato, ha sputato a terra per dimostrare ancora più chiaramente tutto il suo disprezzo, e se n'è andato con i suoi amici.
L'oliatissima macchina di certa informazione di casa nostra vorrebbe (se non si trattasse di due lesbiche) che dopo un fatto del genere si scatenasse l'ennesima caccia all'extracomunitario (delinquente per definizione), giustificando ronde, respingimenti e aggressioni nei confronti di tutti i cittadini stranieri.
Ma forse serve fermarsi e ragionare un attimo su quello che succede.

Nessuno vuole (e sarebbe stupido farlo) negare la responsabilità individuale di quanto accaduto a Padova. Lungi da noi. Quello su cui però difficilmente si riflette è il contesto in cui i fatti accadono. Un gruppo di nordafricani porta con sé una grossa lacuna di base nel fare i conti con questioni come i diritti delle donne e, ancora di più, delle persone lgbtq (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer, se a qualcuno sfuggisse l'acronimo). Semplicemente nascono e crescono in tessuti sociali in cui la cultura dominante (per altri versi affascinante e decisamente degna di rispetto) li educa ad un ruolo della donna marginale e degradato e a considerare l'omosessualità una perversione da punire secondo le leggi (più o meno travisate ad hoc) del Corano.

Le condizioni economiche pessime, le scarse prospettive, un sistema globale nato per mantenere lo status quo a tutto vantaggio dell'opulento occidente, e l'illusione, tutta mediatica, di una vita più rosea in Europa, li spingono ad andarsene per finire nelle maglie dei trafficanti di uomini prima e del caporalato e del lavoro nero poi.

Dopo un viaggio che noi non riusciamo neanche vagamente a immaginare, dal comodo divano di casa nostra, arrivano in Italia. E cosa si trovano davanti? Se non sono incappati in un qualche feroce respingimento adeguatamente orchestrato premiata ditta Maroni&co. e riescono anche ad uscire dalla rete della clandestinità, approdano in un Paese molto diverso da quello che pensavano.

Devono fare i conti con una società che a parole sbandiera accoglienza e civiltà, ma che pratica discriminazione e intolleranza (di maniera, spesso, ma sempre intolleranza),una società in cui l'idea, sempre più dominante, di donna è quella di un soggetto nato per soddisfare i desideri dell'"utilizzaotre finale" (maschio), siano essi politici, fisici, ludici o domestici e in cui, come ci raccontano le cronache di questi giorni, si pensa che l'omofobia non possa essere reato perché l'omosessualità è considerata al pari della pedofilia, della necrofilia e della zoofilia.

Quale teoria a noi ignota illustra come qualcuno sia in grado di imparare ciò che non solo non gli viene insegnato, ma non vede neanche accadere intorno a sé? Da quale pulpito possiamo scandalizzarci perché qualcuno, diverso da noi solo per nazionalità, si comporta esattamente come noi? O abbiamo già dimenticato le coltellate di "Svastichella", gli stupri ai danni di ragazze lesbiche (oltre che, naturalmente di altre donne) compiuti da italianissimi giovani, le violenze quotidiane che centinaia di donne subiscono dai loro mariti, padri e fratelli e che una legge contro un reato dal nome criptico per la maggior parte delle persone (lo stalking) non fermerà affatto? In cosa, sinceramente, pensiamo di essere più civili, accoglienti e aperti? Basta non essere costrette a portare il burqa? Sicure?

Se il maschio brutto non potesse parlare. Fantascienza!

La giornalista del CorSera Maria Laura Rodotà, con ironia e forse un filo di malinconia, è giunta alle nostre stesse conclusioni, disarmanti, già espresse nella Petizione online: Non è un Paese per vecchie. Against italian sexism.

Scrive Rodotà: "Cari connazionali, che senso di sé avreste se da quando siete piccoli fo­ste stati bombardati da immagini di fanciulli muti e discinti che affianca­no anziane signore petu­lanti? Se i pettorali e i glu­tei maschili venissero usa­ti per pubblicizzare qua­lunque cosa? Se aveste ri­petutamente visto rispet­tabili signori in età discu­tere e subito venire zittiti perché — a parere dell’in­terlocutrice — sono brut­ti? Non vi sentireste, for­se, tanto bene."

Per chi è interessat* all'articolo:

L’emergenza estetica nell’Italia maschilista
Per le donne in politica e in tv vige il Cun, il canone unico di bellezza
[Fonte: CorriereDellaSera.it]

martedì 13 ottobre 2009

Niente upgrade per le pari opportunità neanche ai gay

In Italia vengono picchiate coppie gay per strada (succede a Roma, Firenze e tutta Italia), ma il parlamento italiano è riuscito ad affossare la Legge contro l'omofobia. Le(dis?)pari opportunità sono ormai la cenerentola del governo: il downgrade e l'arretramento culturale nei diritti non risparmiano nessuno, né gay né donne.

"I deputati hanno respinto la richiesta di rinvio in Commissione provocando le ire della maggioranza che si è vendicata votando a favore della pregiudiziale di incostituzionalità presentata dall'Udc"
[Fonte: Gay.it]

lunedì 12 ottobre 2009

Moises Naim: In alcuni paesi essere donna rappresenta un'insidia

"Secondo l'Economist, l'aumento delle donne con un lavoro retribuito ha contribuito alla crescita dell'economia mondiale più ancora dell'incredibile sviluppo della Cina o dell'introduzione delle nuove tecnologie". Negli ultimi 40 anni, due su tre posti di lavoro creati nel mondo sono occupati da donne.
Moises Naim è ottimista, ma forse non del tutto convinto che sia tutt'oro quel che luccica. "È tuttora enorme la sperequazione tra salari, opportunità, autorevolezza, accesso all'istruzione, alla salute e, nei paesi più poveri, al cibo, esistente tra uomini e donne" (Fonte: IlSole24Ore.com).

E conclude che "in alcuni paesi essere donna è molto pericoloso".

Forse in Italia? Macché! Però Naim potrebbe farsi un Grand Tour nell'Italia berlusconiana: chissà cosa potrebbe scoprire nel Gender Divide nell'accesso alle cariche pubbliche e alle istituzioni.

Primo Nobel a una donna per l'Economia

Elinor Ostrom, 76 anni, anche lei temiamo fuori dai canoni estetici del Premier italiano, riceve il premio Nobel per l'Economia, in tandem con Oliver Williamson (per gli studi sulla governance economica). Il primo Nobel prize per l'economia a una donna, pare.

Per curiosità: l'unica persona che abbia ricevuto due Nobel, per materie differenti (uno per la Fisica nel 1903 e uno per la Chimica nel 1911), è stata una donna: Marie Curie. Oltre cento anni fa. Ma, visto dalla provincialissima Italia del 2009, sembra - appunto - passato un secolo!

Donne con poca Authority (Sergio Rizzo)

Sergio Rizzo su Io Donna spiega che le donne nelle Autorità indipendenti sono oggi addirittura tre (una l'ha imposta il presidente Napolitano): 3 su 53 commissari delle 9 authority. Il 5,6%. Ah! c'è pure una donna nella Banca d'Italia, quindi il numero sale al 6,9%. Tre volte meno che in Parlamento (ferme al 19% e la metà rispetto al governo in carica). Per concludere con sarcasmo: "(...) al governo, dove invece le donne ("il più bel regalo di Dio agli uomini" secondo il premier Berlusconi) non sono che il 14.7% E contano poco o nulla".

Se lo dice pure Rizzo.....

Petizione online: Non è un paese per vecchie

Non è un paese per vecchie
Upgrade per le pari opportunità: Against Italian sexism
Dal web rompiamo il silenzio sugli attacchi alle donne

Firma anche tu!
http://www.petitiononline.com/nololite/petition.html



Quando un Presidente del consiglio, maschio, di oltre 70 anni, già passato per il bisturi, apostrofa esibizionisticamente davanti a milioni di telespettatori, una donna, senatrice, in politica da una vita e alla soglia dei 60, con le seguenti parole: "Ho sempre pensato che lei fosse più bella che intelligente”, in una serata di questo tenore, qualcosa si è polverizzato nell'immaginario comune.
La mente e il corpo delle donne, continuamente manipolato da uno "squadrismo estetico" (che sembra volerci tutte uguali, glamour, liftate e pronte all'uso da parte di sedicenti utilizzatori finali), si ribellano.

Oggi le donne sono inserite nel mercato del lavoro, studiano, si laureano in materie scientifiche (matematica, chimica, fisica, ingegneria, medicina e discipline socio-economiche) in percentuali crescenti, parlano inglese e sempre più spesso due o tre lingue, fanno carriere professionali di valore nonostante molte persistenti barriere, sono impegnate in prima fila nella società civile, nella cultura e nella politica, lottano per difendere i diritti all’auto-determinazione e all’uguaglianza di opportunità.


Oggi le donne, oltre a pensare alla cura familiare (dei figli e sempre più spesso degli anziani), lavorano anche in ambiti professionali di alto livello, nel mondo digitale e hi-tech e forniscono un contributo di professionalità e sensibilità prezioso per tutta la società.


Oggi il Web italiano si sta tingendo di rosa: le donne sono il 45% e in crescita del 4% rispetto al dicembre 2007 (fonte: Nielsen Online Osservatorio Multicanalitaà 2008). E ciò nonostante il grave ritardo rispetto agli altri paesi europei e del mondo.
Siamo infatti al 67esimo posto della classifica mondiale del World Economic Forum (Wef) sulle disparità di genere, lontanissimo non solo dal Nord Europa, notoriamente sensibile al discorso sulla parità, ma anche dalle più vicine Germania (11° posto) e Francia (15°) (v. il progetto futuro@lfemminile).


In Italia il "soffitto di cristallo" è ancora pesante. In questo paese le donne devono ancora lottare quotidianamente per non essere costrette a scegliere fra famiglia e affermazione/valorizzazione professionale (una scelta che invece non è richiesta agli uomini).
Anche scegliendo un impegno professionale totalizzante solo raramente riescono a vedere valorizzato le loro competenze.
E fanno carriera fino a un certo punto, senza mai sfondare ai piani alti, tranne rarissime eccezioni.

Nell’ultimo anno, le donne italiane hanno visto intensificarsi uno stillicidio di attacchi, più o meno espliciti, concorrenti a negare le loro conquiste sul piano umano, sociale, culturale, economico, e a deformare la loro immagine e il loro ruolo nella società. Non abbiamo sotto gli occhi sforzi istituzionali per promuovere il ruolo delle donne in tutti gli ambiti della vita sociale. Al contrario è ormai chiaro che l’upgrade è finito.
E la retromarcia, non di anni, ma di decenni, accelera.

Di fronte all'ennesimo downgrade simbolico cui tutte siamo state esposte nelle ultime settimane, di fronte all'ultimo affondo mediatico esplicito, ormai abbandonata la tattica strisciante delle battute e degli ammiccamenti stile Videocracy a una femminilità stereotipata, patinata e spesso vuota e senza testa, è tempo di reagire.


Se tante e plurali sono le strade della resistenza delle donne di fronte a questi attacchi, a tutte è comune oggi una pretesa di rispetto.

Le donne italiane pretendono rispetto dalle Istituzioni di questo paese che le hanno offese in modo strisciante o esibizionistico.
Anche la pari dignità di uomini e donne è un principio della Costituzione italiana (art.3), così come la libertà di espressione e di informazione.

Firma anche tu!
http://www.petitiononline.com/nololite/petition.html