venerdì 30 aprile 2010

Boom di giovani, carini e disoccupati. Mentre la marea nera invade New Orleans...

Giovani, carini e disoccupati è il film della mia generazione: era un film di e con Ben Stiller con Winona Ryder, Ethan Hawke, Janeane Garofalo. Un film sulla Seattle (Microsoft ha sede a Redmond) degli anni '90, dove nacque il fenomeno Grunge. Se non lo conoscete è perché siete o troppo giovani o ...too old :)

Il film non era niente di che, ma esprimeva le ansie della Generazione X (allora ci chiamavano così i sociologi: non eravamo né Punk-anarchici né Yuppies in carriera: anche perché eravamo disoccupati, carini e di belle speranze: e basta! E poi saremmo entrati a far parte dell'Esercito dei Precari a vita, senza la rabbia né con l'utopia di cambiare il mondo dei nostri predecessori).

Oggi l'ultimo Rapporto Istat (fonte: La Repubblica) rende noto che il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 27,7% (con un modesto calo dello 0,4% rispetto al mese precedente, ma in aumento di 2,9% rispetto a marzo 2009). Per i giovani un record nella Ue.

In impennata è il numero di donne disoccupate: 1 milione 44mila unità. In rialzo del 4,8% su base mensile contro una crescita dello 0,9% per quella maschile.

Non ci stanchiamo di ripeterlo: questo non è un paese per donne né per giovani (vecchie, poi...!)

E intanto la marea nera invade New Orleans... Una Katrina chimica e cancerogena 2, la vendetta. "
Un disastro ambientale forse peggiore della Exxon-Valdez" ripetono i media come un mantra.

Mio figlio di 7 anni e mezzo ha visto un'immagine al TG, si è tappato gli occhi e ha detto: "Ma chi può essere così cattivo da distruggere il mondo?". Non ho saputo rispondergli se non con un laconico: "Chi pensa solo ai soldi, e mai ai controlli, mette in pericolo la vita di tutti noi, uomini, animali e ambiente...".

mercoledì 28 aprile 2010

Emo(tiva)? Non è una parolaccia!

Da bambine, ragazze e poi da adulte vi hanno dato dell'emotiva con l'intento di buttarvi giù, sottintendendo che avevate una qualche patologia (legata a doppio filo al vostro genere femminile)? Niente paura: Emotiva non è una parolaccia!

La brillante Antonella Antonelli, direttore di Marie Claire Italia, nel numero di aprile ha scritto: "Anche i maschi "sentono". (...) Andiamo tutti sull'Universo delle Emozioni con We Feel Fine, il libro di due informatici che in quattro anni hanno monitorato quasi 2mila blogger per studiare quante volte scrivevano la frase 'I feel...'. Risultato? Siamo tutti Emotivi". Emo (anche senza tagliarsi, come i Punk-costretti-a-sanguinare anni '80 del bravissimo Marco Philopat, per carità!) non è un insulto :)

lunedì 26 aprile 2010

Solo due donne nella giunta Polverini. Il 50% nella giunta toscana di Rossi

Le vere "nemiche delle donne" sono le donne? Se non è un paese per donne, dipende dalle stesse donne? Domande lecite: solo due donne nella giunta del Lazio della governatrice Renata Polverini: il minimo previsto dalla Legge (meno non sarebbe stato legale!).

Le donne occupano invece il 50% dei posti nella giunta toscana di Rossi, mantenendo una promessa della campagna elettorale (il governatore Enrico Rossi aveva assicurato che, in una Toscana abitata dal 51% di donne, la giunta avrebbe rispecchiato le proporzioni, e così è stato).

Complimenti alla giunta Polverini: che dire? Ci auguriamo che almeno abbia adottato criteri meritocratici per scegliere il circa 90% di uomini della sua giunta regionale al maschile.

domenica 25 aprile 2010

Perché le "compagne 5 stelle" lavano e stirano le camicie dei grillini? Impariamo da Ipazia

La "democrazia partecipata", l'e-participation, la democrazia-dal-basso, la netizen democracy non devono diventare specchio della società maschilista e misogina che imperversa in Tv e in (troppa) vita reale. Molti (a torto!) dicono che dietro ad un "grande uomo" ci sia una donna che ha mutilato in sordina le proprie ambizioni; che, in rassegnato silenzio, ha steso tanti bucati e stirato troppe camicie: ma perché oggi torna di moda questo modello, così fritto e rifritto? Obsoleto è dir poco: è proprio un modello giurassico e anacronistico! (Anche se amiche mi dicono: "A stirare mi rilasso..." Mah, a ognuno i suoi dubbi!).

Ebbene il grillino Giovanni Flavia dalla (ex?) rossa Emilia Romagna ci vuole forse impartire una lezione di vetero maschilismo (datata anni '50, ma riesumata nel 2010) e di "anti femminismo" militante? Ci auguriamo di no: ma qualche spiegazione andrebbe data. Se lo è chiesto Maria Teresa Meli, giornalista del Corriere della Sera che riporta: "Nei periodi di lavoro le ragazze mi lavavano le camicie e me le stiravano perché io potessi concentrare il massimo del tempo alla rappresentanza".

Da chi predica la "democrazia partecipata", mi aspetto che non venga messo il Burqa alle donne! Mi aspetto che le donne non vengano relegate in cucina e al lavabo, in attesa del super-uomo (o del principe azzurro).

Mercedes Bresso ha perso in Piemonte anche a causa della rivalità del Movimento 5 stelle dei "grillini". Allora mi domando: stiamo forse passando dal modello (ergastolano) delle compagne alla "Bonny and Clyde" (dell'ecologismo radicale) al modello grillino neo-patriarcale? Ma che senso ha? Non riusciamo a inventarci nulla di meglio o di diverso?

Le compagne anarchiche hanno imparato a "ballare la propria musica" (al posto di quella che passava la radio commerciale): molte ferventi "rivoluzionarie" sono finite in carcere, di alcune è stata gettata via la chiave... Ma, al di là dei reati commessi in nome dell'utopia dall'A cerchiata, riconosciamo loro un grande merito: hanno sfatato l'ideologia del super-uomo (neanche il galeotto Marco Camenisch viene considerato tale!), lo hanno seppellito con una grande salvifica risata, hanno sdoganato il rapporto paritario e non hanno mai rinunciato alla propria crescita personale e collettiva e alle proprie ambizioni (purtroppo anche a quelle armate e più dure, dalle conseguenze fatali: carcere a vita, 41 bis eccetera).

Ma vedere oggi ragazze giovani e colte diventare le colf dei "grillini in carriera" procura l'orticaria: soprattutto se ciò avviene in terre dove il "femminismo" è storico e si credeva radicato, come nell'Emilia profonda, ma anche nella Val di Susa dei No Tav.

Mi consolo pensando a Ipazia, la cui storia è raccontata dal film Agorà, ora al cinema. Ipazia - matematica, astronoma e filosofa - lapidata dai cristiani nel 415 d.C. fu fatta a pezzi (le cavarono anche gli occhi) in quanto una donna, secondo le scritture, non aveva diritto di parola pubblica. Ecco, ammettiamolo: passare dal modello (banditesco ma per lo meno femminista) di Bonny & Clyde al patriarcato del vescovo Cirillo... ce ne corre!

Insomma: le "sorelle in armi" non ci interessano proprio. Ma neanche ci mandano in sollucchero le stiratrici del grillino in carriera. No grazie! A questi modelli diciamo no.

Mi riconosco di più nella Open source Ipazia, donna open minded che voleva portare i saperi e la libertà alle masse :)

venerdì 23 aprile 2010

Adottiamo gli alberi di Claudio Abbado, snobbati dal sindaco Moratti

Evidentemente i milanesi preferiscono qualche piccolo risparmio (dopo aver buttato soldi dalla finestra con i Derivati) rispetto all'ossigeno per i propri figli. L'amarezza del maestro Claudio Abbado, dopo la bocciatura del progetto di Renzo Piano, è tutta in queste poche semplici parole: "Se i milanesi vogliono continuare a respirare i miasmi dell'aria urbana invece di avere più verde in città, liberissimi".

Claudio Abbado aveva donato novantamila alberi come compenso per tornare a dirigere alla Scala dopo 24 anni d’assenza (appuntamento il 4 e il 6 giugno).

Mamme milanesi, già attivissime mamme anti smog: E se adottassimo noi gli alberi di Claudio Abbado, per regalare una boccata d'ossigeno ai nostri bambini?

giovedì 22 aprile 2010

Non è un paese per giovani: troppi disoccupati. Ma c'è chi fonda il Movimento della Felicità...

Quando abbiamo realizzato questo blog (Non è un paese per vecchie), perché il Premier a volte apostrofa le signore di una certa età con epiteti non lusinghieri, eravamo consapevoli che l'Italia non è un paese per vecchie signore, ma al tempo stesso non è un paese per giovani. È un paese per la "gerontocrazia luddista".

Oggi lo conferma Confindustria della quarantenne Emma Marcegaglia: Il tasso di disoccupazione "è cresciuto di 0,8 punti percentuali per la fascia di età (15-24), raggiungendo il 28,2%. Si conferma quindi - fenomeno non circostritto all'Italia -un deterioramento delle opportunità di lavoro particolarmente marcato per i giovani." (Fonte: IlSole24Ore.com).

Ma possiamo permetterci un consiglio spassionato (letteralmente: da mamme) ai giovani? Primo, i giovani non devono aspettarsi mai nulla dai vecchi (conquistatevi tutto!); secondo, devono ricominciare a sognare (le utopie sono la molla per crescere e sfondare); terzo, devono uscire di casa prima possibile; quarto, la gerontocrazia italiana c'è sempre stata: va sfidata con ironia. Siamo sicure che i giovani, se sapranno sfruttare i propri talenti e creatività (la giovinezza è di per sè un merito! Giocatelo in fondo!), sapranno aprirsi le strade per mostrare di cosa sono capaci: saprete stupirci. Vogliamo che i giovani ci lascino a bocca aperta e occhi spalancati: è la lezione che sapete impartirci sempre! :)

A noi old fashioned, lasciateci la "ricerca della felicità". «Ottenere, conservare, recuperare la felicità è per la maggior parte degli uomini, in qualsiasi epoca, il movente segreto di tutte le loro azioni e della loro capacità di sopportazione». Ecco il Movimento per la felicità, fa per noi.

Da leggere: "Il Movimento inglese per la felicità si organizza e cerca un direttore" (di Nicola Barone, IlSole24Ore.com). Meglio se una direttrice come la vecchia Signora della Ricerca, Rita Levi Montalcini che oggi compie 101 anni con infinita classe?

mercoledì 21 aprile 2010

Il successo del giornalismo 2.0 (citizen journalism) si tinge di rosa

Ci sono molte donne dietro a Blog e new media di successo: ha ricevuto il Pulitzer ProPublica grazie a un'inchiesta di una donna, l'Huffington Post ha a capo una donna molto influente; in Italia donne hi-tech sono anche dietro a Gizmodo Italia, donne editor dietro agli schermi di Punto Informatico.it, 01net.it e ITespresso.it. Ci sono sempre più donne alla direzione dell'Informazione che cambia pelle "dalla carta al Web".

Come mai il giornalismo 2.0 si tinge di rosa? Un po' perché le donne da sempre scambiano notizie sui social network, condividono immagini e chiacchiere, mescolano "le comunicazioni personali e le informazioni di interesse pubblico" come ingredienti di una ricetta per la torta del compleanno dei figli.

Il netizen journalism in salsa Web 2.0 parla il linguaggio femminile. Nell'hi-tech iPhone e iPad hanno forme affusolate e arrotondate che piacciono molto anche al pubblico femminile: quello che finora considerava "cavi e Pc" brutti, da nascondere, ora si ricrede grazie al wireless e a forme hardware sexy. Ma a piacere alle donne sono le Web apps: le applicazioni e gli ecosistemi digitali, che invitano a scegliere ciò che preferiamo a proprio piacere, spendendo piccole cifre (i micro-pagamenti piacciono alle donne!). Anche l'iPad Dj è donna: Rana Sobhany.

Le donne possono traghettare i giornali dalla carta al Web? Senza dubbio: parlano lo stesso linguaggio dell'ipertesto (passare di link in link, essere multitasking sono tutte caratteristiche femminili: a quale donna non capita di fare 5 cose insieme senza perdersi d'animo?) e sanno essere accoglienti, amano fidelizzare, adorano partecipare e adottare i lettori. Un po' Sirene con Ulisse, un po' Madame de Staël.

Rileggiamo la bella analisi di Luca del Biase (con un occhio anche alle donne...) e forse l'edicola digitale farà meno paura ai Direttori (maschi) dei giornali italiani. Alle donne la tecnologia piace: purché sia calda, accogliente, partecipata, appassionata e non solo patinata e ben confezionata :)

Leggi: "Carta e web: il futuro è farsi adottare dai lettori" di Luca De Biase

martedì 20 aprile 2010

Muore Dorothy I. Height, pioniera della parità delle donne afro-americane

Si è spenta Dorothy I. Height, 98 anni, la madre del movimento dei diritti civili (American civil rights Movement) le cui crociate per i diritti degli afroamericani, ed in particolare delle donne della comunità nera, hanno attraversato sessant'anni di storia americana.

[Fonte: Washington Post]

La guardiana della Sec è meglio della "volpe a guardia del pollaio"

Donna, iron lady, 53enne senza fronzoli. Ecco un ritratto di Mary Schapiro, la donna a capo della Sec, la Consob americana, che sta mettendo i puntini sulle i agli uomini in grigio di Goldman Sachs. Una che non si sarebbe fatta umiliare da Bernard Madoff né forse fregare dai giochetti di Lehman Brothers... Se poi i fratelli Lehman, fossero stati Lehman Sisters, chi lo s:, forse la storia sarebbe andata diversamente. Ma la storia non si fa con i SE!

Da Leggere: "Una 'lady di ferro' in campo contro i padroni della Borsa" di Federico Rampini su La Repubblica.

Per la cronaca: Lady Shapiro ha messo anche Hp, il primo vendor al mondo di Pc, sotto la lente della Sec... Occhio, alla guardia del pollaio questa volta c'è una tosta :)

lunedì 19 aprile 2010

Dialogo della Natura e un Islandese. Per Leopardi la Natura (femmina) era matrigna...

Take it easy: la natura è più forte di te, ma la tecnologia per correre ai ripari c'è. Il Dialogo di Leopardi della Natura e un Islandese ci riporta letteralmente coi piedi per terra.

Per chi crede che la Natura sia madre, Leopardi ricorda che può essere a volte matrigna... Ma sul fatto che sia femmina, ci son pochi dubbi: la Natura è imprevedibile, giocosa, misteriosa, meravigliosa, rigogliosa, florida e fiorente, ma anche subdola, pericolosa e bisbetica (e indomita :).

Take it easy. Rileggere Leopardi è tuttora una sorpresa per noi europei cinici o disincantati. Il vulcano non è la fine del mondo: invece di prendercela con l'eruzione del vulcano islandese, Eyjafjallajökull, pensiamo che rispetto all' '800 siamo fortunati: abbiamo Internet, Twitter, Skype, gli Instant messaging e le video-conferenze (Fonte: Il vulcano fa bene all’IT. La videoconferenza in alternativa ai voli).

I siti Web utili per ovviare ai disagi dello stop ai voli, sono a portata di clic e di iPhone. La tecnologia è amica delle donne!

E in fondo il vulcano produce meno CO2 dei troppi aerei in volo sull'Europa: il vulcano Eyjafjallajökull fa anche bene contro il global warming?

Il traffico aereo è causa dell’immissione nell’ambiente di 344.109 tonnellate contro le 15.000 tonnellate del vulcano. Fate un po’ i conti :)

[Fonte: ITespresso.it e Gizmodo.it di NetMediaEurope]

sabato 17 aprile 2010

Solidarietà a Roberto Saviano

L'omertà, la pratica di zittire le voci "scomode", la politica del non-vedo-non-sento-non-parlo sono l'opposto della civiltà, della democrazia e del "buon governo". Solidarietà a Roberto Saviano!
Nessuno di noi sia "cosa loro", nessuno isoli le voci scomode. Diamo voce a chi è senza voce :)

venerdì 16 aprile 2010

Giorgio Napolitano: "Il disprezzo per le donne incoraggia la violenza"

Bocciati il "velinismo" e l'uso spregiudicato e senza rispetto del corpo delle donne. Il presidente Giorgio Napolitano, nonché marito di una donna super tosta (Clio), è stato chiarissimo: è l'ora di educare i giovani al rispetto delle donne. E ha aggiunto: le ragazze devono pretendere il rispetto e ancor di più i ragazzi esprimerlo.

Il disprezzo è criminogeno e genera violenza. Diciamo no all'oggettizzazione della figura femminile, alla mercificazione e alla volgarità gratuita.

Fonte L'Unità: "Napolitano: media rispettino la dignità delle donne"

giovedì 15 aprile 2010

Fare figli, con contratti a termine? Bisogna giustificarsi

Nel 2010 fare figli, senza le tutele di un contratto a tempo indeterminato, significa: a) essere incoscienti; b) essere privilegiate; c) bisogna forse "chiedere il permesso" prima del concepimento.

Vi sembra follia oppure un'Italia medievale? Fate voi. In realtà è ciò che è successo a chi scrive e anche a molte donne (senza feudo, il posto fisso del XXI secolo). Una giornalista famosa e carismatica come Ilaria D'Amico, spiega così il suo ritorno in video appena un mese dopo la nascita del figlio: "Tengo redazione — ci tiene a spiegare — siamo un bel gruppo, quasi tutte donne con contratti a termine. Se non si lavora è un guaio".

Ilaria D'Amico ricorda anche come "Antonella Clerici, a casa col pancione" sia "stata defraudata della sua 'Prova del cuoco'".

Oggi fare figli è un'impresa, quasi quanto aprire una partita I.v.a. Ilaria D'Amico parla di qualità e merito, e non di un mondo feudale. Da leggere!

Dal Corriere della Sera: "Ilaria ritorna a «Exit»: in Italia se fai un bambino devi quasi giustificarti. «Ma io sono privilegiata, lavoro da casa»"

(n.d.r.: Chi scrive, ha lavorato fino al giorno prima del parto ed è tornata a scrivere per un giornale quando il figlio aveva 3 mesi. Sentendosi "colpevolizzata" dall'Odg toscano per ottenere il bollino da giornalista pubblicista: "Come mai non ha pubblicato per tre mesi consecutivi?". Mai sentito parlare di gravidanza? Parto? Allattamento per 12 mesi? Svezzamento bio? Ahahiahi... E il mio direttore aveva molta pazienza e comprensione! Ma all'Odg certe cose non le sanno proprio. Provare per credere :)

mercoledì 14 aprile 2010

Pedofilia = violenza su bambine in 4 casi su 5. Non omosessualità

Il cardinale Tarcisio Bertone, il numero due dello Stato Vaticano, per difendere il celibato ha attaccato l'omosessualità con un'analisi come minimo frettolosa, di sicuro scomposta, decisamente imprudente e a dir poco velenosa: "Molti sociologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c'è relazione tra celibato e pedofilia - ha detto in Cile - e invece molti altri hanno dimostrato, me lo hanno detto recentemente, che c'è una relazione tra omosessualità e pedofilia".

Ma nella stragrande maggioranza dei casi, le vittime di pedofilia sono minori di sesso femminile (4 su 5) e le percentuali di questo fenomeno, tra il 65% e il 90%, avviene all’interno della famiglia (Fonte: Telefono Azzurro e Eurispes).

Ecco due risposte e una campagna contro l'omofobia:

"
La confusione della Chiesa" di Francesco Merlo (La Repubblica)
"Bertone: La pedofilia? Colpa degli omosessuali" (Gay.it)
Foto da condividere: la campagna contro la pedofilia di Gay.it

martedì 13 aprile 2010

Le donne non sanno "fare squadra": vero o falso?

Questo Post è dedicato alle donne che faticano sul lavoro, alle mamme (soprattutto di figlie femmine) bombardate da "superati e anacronistici modelli femminili" e da pubblicità che ci impongono un ruolo di donne vecchio-anni-'50. Ho trovato bellissimo, e anche un po' commovente, un articolo di Maria Luisa Rodotà sulla rubrica di Io Donna. Rodotà, sempre sul pezzo e sempre (auto)ironica, ha chiesto alle mamme italiane di portare le figlie femmine a scuola di calcio (ma da mamma di figlio maschio, in una squadra mista di basket, dico: anche di pallacanestro!) o di rugby.

Perché? Perché le bambine possono imparare a danzare e a vestirsi con il tutù rosa (va benissimo imparare la disciplina della danza e il galateo del tutù); ma devono soprattutto imparare dai maschi il "gioco di squadra" e quel sano "cameratismo da spogliatoio": dove le bambine non devono squadrarsi l'un l'altra con lo sguardo del radiografo per scoprire se l'amichetta ha la cellulite o chissà quali difetti fisici; ma al contrario per imparare la gioia dello stare insieme, della cooperazione, la poesia dell'amicizia gratuita, cementificata dal gruppo. In poche parole: l'amicizia raccontata da Saffo nei collegi femminili presocratici, ma anche l'approccio di Ulisse, Achille ed Ettore (gli eroi omerici).

Fin da bambine noi donne dovremmo imparare a "fare squadra" come succede negli spogliatoi di periferia delle squadre di calcetto e basket. A fare gruppo, a lavorare insieme per il team e imparare a "passare palla", costruire insieme il goal della vittoria (della nostra squadra), a esultare insieme per gli obiettivi raggiunti (e a piangere insieme per i target mancati). In poche parole: impariamo a non annientarci a vicenda, come se dovessimo azzerare l'avversaria nell'affannosa ricerca del Principe Azzurro (tanto, ragazze: non esiste!). Ma, al contrario, impariamo a usare il nostro individualismo e pragmatismo al servizio della community. Alla ricerca del codice open source utile a tutti.

Nell'era in cui tante donne ancora vanno su Facebook solo per vedere se l'ex del nostro compagno ha più rughe di noi, per verificare se la "più bella della scuola" ha anche lei la cellulite, le zampe di gallina e un matrimonio fallito alle spalle, oppure per individuare i "punti deboli" delle presunte rivali... Diciamo basta: basta al gioco al massacro fra donne!

Rompiamo il tabù: basta con il mito delle Prime Donne! Basta con l'ambizione fasulla delle First Ladies! Stop all'assolutismo della Diva! Siamo noi, noi donne, che dobbiamo fare squadra e fare meta (tra noi ma anche insieme agli uomini), passare palla a chi è davanti e scoprire il bello della meritocrazia e del talento. Stare in retrovia, non è inutile: a volte le retrovie hanno fatto vincere una battaglia. Altro che avanguardia.

Non lamentiamoci se una collega ci ruba il posto, ma, se vediamo che la collega è più brava e più talentuosa, diventiamo la sua spalla: lavoriamo per far funzionare la squadra e per portare acqua al mulino. Non denunciamo mobbing (a volte frutto di fantasia) se non siamo più la Favorita: essere la Favorita non è utile, è deprimente. Non facciamo le bambine-allo-spogliatoio di danza. Impariamo dai maschi: il loro (a volte becero, ma profittevole) cameratismo da spogliatoio, senza invidie e gelosie, è una palestra. Una filosofia di vita anche per noi donne e mamme.

Forse faremo più carriera e saremo più simpatiche se impareremo dagli uomini il "codice aperto" dell'amicizia open source e dell'alleanza virile. Personalmente ho imparato a "essere felice" più dagli hacker maschi e gay che da altri (superati) modelli femminili. Niente dive, siamo donne: e vogliamo godere di pari diritti :)
M.C.

lunedì 12 aprile 2010

Elezioni Uk: mamme e mogli nell'arena politica 2.0

Se in Italia abbiamo le igieniste dentali nei listini, anche in Gran Bretagna le donne dello spettacolo fanno politica: ma in genere, a Londra, sono del calibro di Glenda Jackson.
Ma la politica inglese si sta tingendo di rosa in quest'ultimo scorcio di battaglia elettorale fra laburisti e conservatori (il partito dei Tory, che fu della lady di ferro M. Tatcher, è il favorito).

La campagna elettorale più 2.0 della storia inglese vede scendere in campo e-mail, podcast, link, Facebook e blog. Ma dietro ai social network sono sempre più spesso donne.

Mamme e mogli sono le vere artefici della svolta social delle elezioni britanniche.
Sarah Brown, la moglie del primo ministro Gordon Brown, usa Twitter (il micro-blogging da 140 caratteri) con una certa maestria.

Anche Mumsnet.com, il "sito delle mamme" forte di 800mila utenti, ha detto la sua: ha intervistato sia Brown che lo sfidante David Cameron (entrambi con gaffes).

Ma a scaldare l'immagine del freddo Cameron è arrivata la sua bella e sofisticata moglie, Samantha, il cui video su YouTube, in cui rivela di essere incinta, è cliccatissimo.

Il fattore D (anche se di mamme e mogli e non delle politiche) nelle elezioni inglesi farà la differenza?
M.C.

[Fonte: ITespresso.it]

domenica 11 aprile 2010

Gillo Dorfles, 100 anni, odia il femminismo, ma adora McEwan e le donne: ecco perché

Quando uno come Gillo Dorfles compie cent'anni e si toglie i "sassolini dalle scarpe", non si può proprio far finta di nulla. Anche perché adora Ian McEwan e detesta i critici che non stroncano più le opere e non sanno più parlar male di nessuno. Insomma uno che dice qual che pensa senza false ipocrisie: Dorfles ci invita in fondo a ritrovare il "coraggio di formulare un vero giudizio", senza buonismi e gettando la maschera. Essere corrosivi, insomma, non guasta.

Dorfles odia il femminismo ma adora le donne: c'è contraddizione in ciò che afferma? No. Ma ancora: è vero che c'è femminismo-e-femminismo? Sì. Ma: Dorfles va a fondo della questione?

Dorfles trova il femminismo "sgradevole" e se ne dichiara "nemico feroce". Scrive Dorfles sul Corriera della Sera: "riconosco alle donne parità di diritti ma trovo abominevole che alcune si facciano chiamare al maschile dottore o professore, senza rendersi conto di andare contro l'eguaglianza sociale dei sue sessi. (Peggio ancora quelle che vorrebbero fare del femminismo una prerogativa, come se si considerassero una categoria sé)".

Le "categorie a sé" fanno la fine del ghetto: messe a margine e poi ignorate. Un conto è parlare di Gender Gap, Fattore D e meritocrazia declinata al femminile, altra cosa è voler "fare categoria a sé".

venerdì 9 aprile 2010

Dall'aborto chimico ai funerali per i feti, passando per i sit-in in clinica

Ognuno rispetti le scelte altrui. Rispettiamo le donne che, senza rinunciare alla maternità, non vogliono il bambino e lo danno in adozione fin da subito. Ma chiediamo anche rispetto per le donne che decidono liberamente di abortire in base alla Legge 194. Con o senza aborto chimico.

Leggiamo Isabella Bossi Fedrigotti che, sul Corriere della Sera, parla di "fiera degli eccessi", che spaziano dai funerali per i feti abortiti con la RU486 ai sit-in nelle cliniche.

Ha ragione Fedrigotti: questa fiera degli eccessi è contro l'aborto, ma anche - e soprattutto - contro le donne, contro l'autodeterminazione e l'emancipazione femminile.

Ci riporta indietro di decenni! Ma, proprio per scongiurare gli aborti clandestini (coi ferri da calza e pompe da bicicletta, ben prima dei viaggi in Inghilterra...) in cui sono morte o hanno rischiato la vita tante nostre amiche, mamme, cugine e zie, chiediamo oggi il rispetto pieno della Legge 194.

L'aborto, chimico o non chimico, è sempre quello: chi fa le crociate anti pillola RU486, fa una crociata contro una legge dello stato e contro le donne. Perché sono quasi tutti uomini a brandire come una clava questo tema delicato, senza avere il coraggio di impugnare la legge 194?

Paura di perdere i consensi? O solo slogan da "anime belle" per conquistare credibilità in certi ambienti?

In un paese dove non si riesce a venire a capo della feroce piaga dei morti sul lavoro; dove le mamme e i bambini nati hanno sempre meno (e sempre più scadenti) servizi, la "fiera degli eccessi" sembra proprio una beffa. Ancora una volta sul corpo delle donne...

Leggi: La pillola per l'aborto e la fiera degli eccessi I. Bossi Fedrigotti

giovedì 8 aprile 2010

Elogio della follia (delle streghe e dell'ateismo di Piergiorgio Odifreddi)

Il simpatico, colto e brillante matematico Piergiorgio Odifreddi ha rischiato grosso alla puntata di Porta A Porta: anche meno di due secoli fa l’avrebbero bruciato sul rogo. Come Giordano Bruno a Campo de' Fiori. Se fosse stato donna, poi, solo una manciata di centinaia d'anni fa, avrebbe rischiato un processo per stregoneria. Dire a gran voce di essere atei in Tv è diventato un crimine nell'Italia del 2010. Un reato, come la clandestinità...

Ma Odifreddi ha affrontato il processo mediatico (da unico imputato) di Porta a Porta e i professionisti di fede fondamentalista, con l'aplomb del vero non credente: ironico, spiritoso e senza astio. Mentre la Tv ci rifila corpi di donne mercificati in ogni angolo e il Premier i suoi passatempi non proprio casti a ogni ora del giorno, è invece vietato dire in Tv "Sono ateo".

Ma l'apice del ridicolo è stato raggiunto con la minacciosa ammonizione di Messori: “Ti avverto che sono in pochissimi al mondo a pensarla come te”.

Ah, la dittatura della maggioranza! Il centralismo democratico!

...Ecco cosa mancava come ciliegina sulla torta da aggiungere alle accuse alle nèo streghe della RU486 e ai liberi pensatori come Odifreddi: l'accusa di essere una sparuta minoranza (ma ne siamo proprio, proprio sicuri?). Degna di finire sul rogo virtuale dell'aurea mediocracy (e dell'aurea mediocritas in video) all'italiana. Le minoranze in Tv non sono ben tollerate.

Da leggere: "Laici di tutta Italia, unitevi " (MyTube di Enrico Franceschini - La Repubblica)

A Cambridge Friedman vs. Keynes: partita economica con poche donne

Gli uomini e le scarsissime donne che fino a domenica affollano le sale del King's College di Cambridge - capolavoro neogotico per amanti di guglie e porticati degni di Harry Potter -, ambiscono a diventare gli "economisti del prossimo ventennio". Quelli, insomma, che decideranno se noi tutti dovremo andare in pensione a 68-75 anni (con l'allungamento della vita media), se sarà meglio fare riforme e quali, se è giunta l'ora dell'exit strategy (per uscire dalla crisi), se "lo Stato è la soluzione o il problema", se ci vogliono più (o meno) tasse, se servono più (o meno) Regole per i mercati, se conviene salvare i Piigs o lasciare al loro destino in caduta libera i noti Porci-con-le-ali del 2010.

Ma nei quattro giorni di dibattiti tra Nobel e banchieri, voluti da George Soros, per costruire le basi dell'economia del dopo Tsunami finanziario, spicca la modesta presenza femminile.

Niente "Fattore D" nell'economia del dopo-crisi che vorrebbe sancire il ritorno del pensiero keynesiano, dopo 30 anni di sbornia neo-liberista? Oppure è solo una questione di meritocrazia se le donne scarseggiano? O ancora: forse i finanzieri temevano che uno "scontro all'ultimo sangue" fra i seguaci di John Maynard Keynes e gli epigoni di Milton Friedman, non fosse in fondo "roba da donne"?

Speriamo di no: il fattore D conterà sempre di più nell'economia di domani. Forse a Cambridge qualche donna in più avrebbe evitato la gaffe. Proprio nell'anno del primo Nobel per l'economia a una donna.

mercoledì 7 aprile 2010

La paziente zero della RU486 siamo tutte noi

Per favore non trattatela da cavia (non lo è). Per favore non inseguitela per un'intervista né sbattetela in prima pagina. Non serve a nessuno: se lei vorrà racconterà liberamente su un blog o dove preferisce la sua personale esperienza. La paziente zero della Ru486 siamo tutte noi. Donne madri e donne senza figli.

La pillola Ru486 è entrata ufficialmente in commercio in Italia. Ora ha una roadmap legale: la commissione ministeriale sulla pillola Ru486, alla presenza del ministro della Salute Ferruccio Fazio e del sottosegretario Eugenia Roccella, dovrà monitorare l'uso della pillola abortiva in Italia e mettere nero su bianco le linee guida valide per tutto il territorio nazionale.

L'importante è che nessuno fermi la roadmap della pillola RU486, dopo battaglie di tantissime coraggiose donne in anni ed anni contro i pregiudizi e le ideologie. L'aborto è un diritto. La RU486 è finalmente sbarcata in Italia.

Update 8-4-2010: "Io, cattolica, ho fatto la mia scelta. Chiesa e politica devono tacere" di Francesca Russi (La Repubblica)

Videocracy in rosa e le "hostess dell'informazione": il giornalismo senza meritocrazia non è "cane da guardia" del potere

Sono state (e alcune sono tuttora) belle, forse oltre gli standard Bbc, le tele-giornaste dei TG della Rai. Come le hostess Alitalia, famose nel mondo per la loro avvenenza. Ma la camicetta sbottonata al "punto giusto", il "paio di gambe" sotto il tavolo trasparente, lo "sguardo seducente", i ritocchini, il porgere le notizie con "tono carezzevole" e talora lo "sguardo ammiccante", hanno fatto il loro bene? Ma soprattutto hanno fatto il "bene" del giornalismo dalla schiena dritta e watch-dog? Quante di loro diventeranno direttori di Tg con l'autorevolezza di Bianca Berlinguer (mai ammiccante e carezzevole)?

Se la Rai non è la Bbc, non è solo responsabilità di improbabili direttorissimi (che s'inventano ancor meno autorevoli ed evanescenti editoriali non di carta) e sgomitanti redattori maschi. La meritocrazia insomma non è un optional.

Diciamo la verità: le tele-giornaliste italiane, tutte troppo belle (mai brutte, pura casualità?), sono tutte-tutte autorevoli (come Berlinguer, Botteri, Maggioni e Gabanelli... tanto per citare le più famose!) o a volte hanno strizzato l'occhio al ruolo incerto di "hostess dell’informazione" come tempo fa ha scritto con consueta ironia e chirurgica spietatezza il più famoso critico televisivo italiano, Aldo Grasso?

Fare carriera con lottizzazioni e bellezza, paga? Oppure fa deragliare l'autorevolezza?

Il tempo passa inesorabile e senza pietas per tutti: costruire una carriera sull'avvenenza e sulla gioventù è un'arma a doppio taglio. Prima o poi si ritorcerà contro le donne che ci "hanno giocato su". Perché ci sarà sempre una donna più seducente, più ammiccante, più carina di noi: ma soprattutto più giovane e più propensa a compromessi di tutte noi. E il rischio è quello di essere messe in soffitta come Marx e le vecchie ciabatte, senza che nessuno si ricordi del nostro lavoro. Ne vale la pena?

Con questo chiudiamo l'auto-referenziale trittico sulle donne in Tv. La video-cracy impera dai Tg al talk-show. Denunciarlo è come scoprire l'acqua calda: banale :(

Però metterlo nero su bianco, può essere utile e istruttivo per le giovani tele-giornaliste di domani (largo alle giovani: toccherà a voi, ragazze!): puntate solo e soltanto sulla meritocrazia, e mai (mai!) su tessere, lottizzazioni e bellezza.

Dum loquimur, fugit invida aetas (Orazio)

martedì 6 aprile 2010

La Rai non è la Bbc: con pochissime donne e troppi precari

La Rai, neanche quella dei tempi d'oro, non è mai stata la Bbc. La Rai è sinonimo di lottizzazione. La Rai è un carrozzone in "caduta libera" (perde share in "Free fall"). La Rai è un problema e non la soluzione?

Però. C'è un però. Busi sì Busi no (in fondo è una querelle fra una dipendente e il suo datore di lavoro: la lottizzazione è estranea all'atto di assunzione o all'eventuale "allontanamento" di un giornalista Rai? Ma quando mai?), Minzolini sì o no (questa invece è una questione pubblica: perché il suo TG1 avrebbe dato almeno un paio di notizie non vere senza rettifica), la vicenda Rai mette in luce la questione di genere e fa emergere altri nodi irrisolti.

Negli Usa Richard Posner ha scritto prima "Il fallimento del capitalismo" e ora ha mandato alle stampe "La crisi della democrazia capitalista". La crisi economica sta diventando una crisi della democrazia?

A giudicare anche dal "caso Rai", anche in Italia, parrebbe proprio di sì. Ormai in Italia, finita l'era delle lenzuolate liberiste, si sta tornando alle corporazioni e alla difesa degli orticelli (ognuno il suo e con sindrome Nimby ben accentuata).

Ma il caso Rai è anche uno specchio della società italiana dove il Gender Gap non demorde. Al Tg1 su 129 giornalisti soltanto 29 sono donne; su 27 dirigenti solo 2 sono donne. Ma alla Rai, su 2.300 giornalisti ben 600 sono precari. Tutto bene dunque, anche se Minzolini e Busi facessero pace? No. I problemi Rai vanno ben oltre i personalismi e la "fidelizzazione dei (soliti) volti noti".

Ebbene no: la Rai non è la Bbc. E chi difende a spada tratta la Rai degli ultimi 30 anni come "esempio di democrazia", difende de facto la lottizzazione, il Gender Gap, l'auto-referenzialità dei media e la crisi della politica (e forse anche della democrazia). Cui prodest?

L'anchorwoman Busi, il vittimismo, le precarie e i conti in rosso della Rai

Non mi piace come giornalista la dottoressa Maria Luisa Busi (le cui interviste sono un po' scipite; i cui interventi in studio, per legare un servizio all'altro, a volte sono di una banalità sconcertante e "da casalinga di Voghera": ma sono convinta che la nota casalinga sarebbe più precisa e incisiva!). Ma neanche mi piace il Tg di Augusto Minzolini, 52 anni, appena votato "secondo cortigiano d'Italia" (che ha sperperato il buon lavoro avviato da Riotta, soprattutto nella seconda parte del suo mandato, dopo aver abbandonato il "doping da cronaca nera" e aver intrapreso un interessante "svecchiamento dei contenuti", senza cadere nel folklore). Quindi sarò, mi auguro, "equidistante".

Il vittimismo della dottoressa Busi, volto noto del TG1, è tuttavia interessante per fare altre considerazioni sulla Rai e sullo stato del giornalismo e del precariato nell'editoria declinato al femminile.

Non sappiamo se Busi sia davvero vittima del mobbing (se lo è, ecco la nostra solidarietà: come a ogni donna e uomo in simili situazioni).

Però Busi si comporta da celebrity e da Vip sull'"orlo della crisi di nervi", e non da professionista. Non da lavoratrice in difficoltà. Il suo sfogo sfiora genericamente, e solo per inciso (in modo quasi strumentale...), il tema della precarietà nel giornalismo: giornaliste molto meno famose di lei, lavorano sempre, in ogni condizione (senza giorni di malattia e ferie, se non quelle decise dall'editore), senza lamentarsi in interviste molto pubblicizzate su La Repubblica eccetera. Siamo convinte che Busi, se uscisse dalla Rai, troverebbe subito lavoro ovunque lei desideri, senza il thrilling di tante precarie del mondo dell'informazione. Perché allora tanto vittimismo?

Al Tg1 su 129 giornalisti 29 sono donne; su 27 dirigenti solo 2 sono donne. Ma alla Rai, in un carrozzone di 2.300 giornalisti, ben 600 sono precari. Perché dobbiamo solidarizzare con Busi invece che con i 600 precari? I 600 precari non temono il mobbing e la perdita del lavoro? Cosa teme Busi, di finire nelle retrovie della Rai (con lauto stipendio e Welfare) oppure addirittura di essere licenziata?

Non lo sappiamo. Ma la vera domanda è un'altra: dietro al vittimismo dei giornalisti Rai, cosa c'è? Quanto costa la Rai?

"Secondo Massimo Mucchetti di Corriere.it (...), da alcune 'carte di lavoro' riferite all'anno 2008, si evince che, per Raiuno, le spese relative alla produzione di programmi, compresa l'attribuzione proporzionale delle spese di staff, dei servizi e di Rai Way, sono state di 1021 milioni di euro. Per farla facile, più di un miliardo. Raidue, invece, ha speso qualcosa come 606,2 milioni, cifra inferiore rispetto quella di Raitre, 819,3 milioni, che tuttavia è 'viziata' dagli altissimi costi destinati alla programmazione regionale (oltre 348 milioni di euro). Il tutto, precisa Mucchetti, considerando che l'audience di Raitre è solo di un punto inferiore a quello di Raidue (il 10% contro l'11%). Insomma, facendo un rapido calcolo, la spesa complessiva va quasi a toccare i due miliardi e mezzo di euro. Ma le trasmissioni televisive? Insomma, i vari talk-show che spaziano dall'attualità alla politica, dai sentimenti alla cucina, dal sesso alla medicina? E che dire dei vari reality show? È giusto che si spenda tanto per questi prodotti? Ed ecco che si torna ai compensi dei conduttori. I programmi, giustamente, costano, così come giustamente costa chi li conduce, soprattutto se è una persona capace di fare bene il proprio lavoro. La domanda corretta, però, è qual è il giusto prezzo da pagare per la presenza sulla tv pubblica di certi personaggi (giornalisti, conduttori e via dicendo), insomma per tutti quei nomi che, in virtù del loro lavoro, assurgono al ruolo di celebrità e vengono retribuiti come tali" (fonte: A. Giannino su IMGPress.it).

Ecco da giornaliste, che lavorano 8-10 ore al giorno, senza orari e senza giorni di malattia, per 1.020 euro nette al mese, il vittimismo della D.ssa Busi ci lascia molto perplesse e pare un po' "sopra le righe", degno di una celebrity più che di una professionista. Sul mobbing, non giudichiamo (solidarietà a prescindere). Busi non è Milena Gabanelli dello splendido Report, ma neanche Lilli Gruber (che a Otto e 1/2 su La7 regge un'intera trasmissione da sola) né ha il piglio di Monica Maggioni o la capacità di "raccontare" di Giovanna Botteri. Nè il TG1 ha mai retto né regge il confronto con tutta RaiNews24, l'unica bella Tv all news italiana (un gioiellino in Digitale Terrestre. Già meglio del TG1 è il TeleVideo).

A una generica solidarietà in rosa preferiamo la meritocrazia. Senza se e senza ma :)

Lasciate che i bimbi. E non ignoti feti...

La Lega dice di voler difendere i feti non voluti dallo spettro della RU486. Ma alla politica, alla società italiana e alla Chiesa interessano più i feti dei bambini in carne ed ossa?

La domanda è tutt'altro che peregrina. Oggi in Italia le mamme non sanno in quale asilo nido portare i propri bambini (non ce ne sono abbastanza, quelli a pagamento o sono cari o sono inaffidabili e poco controllati, come dimostrano recenti vicende di cronaca); gli orari degli asili nido non sono flessibili, mentre il lavoro delle loro mamme è flessibile, senza orari fissi e sempre più precario. Delle due, l'una: che ce ne facciamo di un asilo che apre alle 8.00, se noi madri dobbiamo timbrare il cartellino a quell'ora e uscire di casa 40 minuti prima? Per non parlare dell'uscita alle 15.45-16.00: quando un ufficio chiude dalle 17 in poi...

Oggi in Italia attraversare una strada con un bambino piccolo è un 'incognita: le "strisce" sono invisibili (senza Ici, i Comuni le ridipingono con sempre minore frequenza); le automobili non rispettano i passaggi pedonali, non si fermano se vedono un passeggino; le automobili parcheggiano ovunque, spesso proprio sulle strisce pedonali, senza rispettare le esigenze dei "piccoli che attraversano le strade".

Oggi in Italia "essere bambini" è un lavoro e non un piacere (di crescere, esplorare, imparare, giocare...). Basta varcare il confine e andare in Francia o in Svizzera, per trovare ristoranti con area bambini, tavolini a misura di bimbi con fogli e pennarelli (solo la Romagna è così attrezzata!), oppure giardini con giochi e servizi (con bagnetti puliti: anche qui, il parco Suardi di Bergamo è una rarità) per non parlare dei musei (Parigi potrebbe essere un esempio per tutti).

L'Italia non è un paese per giovani laureati e vecchie signore, ma neanche per bimbi. Che senso ha difendere (a parole) solo i feti, quando in Italia nessuna donna è invogliata a fare figli a causa di un eco-sistema anti-bambini?

Ma allora ricapitoliamo un po' di cifre per far capire a Lega, Chiesa e società civile cosa non funziona in Italia. In Italia il 60% dei laureati è donna e solo il 40% uomo (l''Italia batte Regno Unito e Stati Uniti). Secondo rielaborazioni IlSole24Ore.com (dati It-Silc 2008), il differenziale salariale di genere è in Italia più alto tra i laureati (34%) che tra le persone con titoli di studio di media inferiore (29%) e media superiore (28%).

Il differenziale salariale di genere per classi d'età, tocca il picco tra i 35 e i 45 anni, proprio quando una donna ha fatto il primo figlio (o decide di farlo) e potrebbe "programmare" il secondo.

"L'Italia ha la fecondità più tardiva, con un'età media al primo parto pari a 31 anni. La maternità si associa a una caduta dell'occupazione femminile e il numero di bambini amplifica l'effetto, in Italia più che altrove: il tasso d'occupazione delle donne senza figli è pari al 66% e scende al 60% per le madri con un figlio e al 53% in presenza di due figli.
Molte donne lasciano il lavoro alla nascita dei figli". (Fonte: IlSole24.Ore.com)

Invece di difendere i feti in una "sterile crociata" anti donne, forse alla società tutta converrebbe difendere le donne e i loro bambini, promuovere il Fattore D in azienda e nel pubblico impiego e azzerare il Gender Gap ovunque si annidi.

Il resto? Inutili chiacchiere da bar sport...
M.C.

venerdì 2 aprile 2010

Cogli la prima mela...? Il peccato di Eva e la RU486

Siamo sempre lì, come spiega con spietata lucidità Natalia Aspesi: al peccato delle donne.

"...Roberto Cota e Luca Zaia, due non brutti giovanotti in cravatta verde, sono stati eletti a furor di popolo anche da frotte di ammiratrici che ne adorano il celodurismo di partito. (...) Si sa che ormai le donne sono diventate l'anello più floscio della società, loro che pareva avessero in mano il mondo e adesso invece non basta un bel sedere per far carriera, se non sai almeno praticare l'igiene dentale."

Leggete: "Il peccato delle donne" di Natalia Aspesi su La Repubblica. Forse capiremo perché le regioni Leghiste fanno la guerra alla RU486 e alle donne

P.s.: Ringraziamo Serena Dandini per la citazione del blog "Non è un paese per vecchie" alla trasmissione "Parla con me" :)

giovedì 1 aprile 2010

Bonino, Bresso, Hack e Carfagna, le donne sanno conquistarsi i voti: ma la RU486 sarà la Cenerentola delle Regionali?

Donne vincenti o perdenti (magari per un soffio, come Mercedes Bresso e, poco di più, Emma Bonino) dimostrano che il fattore D non va sottovalutato neanche in campagna elettorale.

Anche per chi aveva una campagna tutta in salita (Emma Bonino) o chi è stata "colpita dal fuoco amico" (Mercedes Bresso), le elezioni Regionali hanno messo in luce il ruolo delle donne in politica.

Conquistatrice di preferenze è il ministro Pdl Mara Carfagna che nella circoscrizione di Napoli ha fatto il pieno di voti: 55.740 elettori.

Poi c'è Margherita Hack, 88 anni, che entra nel consiglio regionale del Lazio, eletta con 7.205 preferenze.

L'Italia non è un paese per giovani né per donne, ma forse - piano piano - qualcosa si muove.

Ci resta solo una domanda: Che fine farà la RU486 che Cota (nuovo governatore del Piemonte) e Zaia vogliono mandare in soffitta? Anzi: Cota vuol far "restare nei magazzini"? E Zaia: mai negli ospedali veneti?

Ministro Carfagna, proprio nulla da dire ai sui alleati di coalizione Cota e Zaia?