martedì 6 aprile 2010

La Rai non è la Bbc: con pochissime donne e troppi precari

La Rai, neanche quella dei tempi d'oro, non è mai stata la Bbc. La Rai è sinonimo di lottizzazione. La Rai è un carrozzone in "caduta libera" (perde share in "Free fall"). La Rai è un problema e non la soluzione?

Però. C'è un però. Busi sì Busi no (in fondo è una querelle fra una dipendente e il suo datore di lavoro: la lottizzazione è estranea all'atto di assunzione o all'eventuale "allontanamento" di un giornalista Rai? Ma quando mai?), Minzolini sì o no (questa invece è una questione pubblica: perché il suo TG1 avrebbe dato almeno un paio di notizie non vere senza rettifica), la vicenda Rai mette in luce la questione di genere e fa emergere altri nodi irrisolti.

Negli Usa Richard Posner ha scritto prima "Il fallimento del capitalismo" e ora ha mandato alle stampe "La crisi della democrazia capitalista". La crisi economica sta diventando una crisi della democrazia?

A giudicare anche dal "caso Rai", anche in Italia, parrebbe proprio di sì. Ormai in Italia, finita l'era delle lenzuolate liberiste, si sta tornando alle corporazioni e alla difesa degli orticelli (ognuno il suo e con sindrome Nimby ben accentuata).

Ma il caso Rai è anche uno specchio della società italiana dove il Gender Gap non demorde. Al Tg1 su 129 giornalisti soltanto 29 sono donne; su 27 dirigenti solo 2 sono donne. Ma alla Rai, su 2.300 giornalisti ben 600 sono precari. Tutto bene dunque, anche se Minzolini e Busi facessero pace? No. I problemi Rai vanno ben oltre i personalismi e la "fidelizzazione dei (soliti) volti noti".

Ebbene no: la Rai non è la Bbc. E chi difende a spada tratta la Rai degli ultimi 30 anni come "esempio di democrazia", difende de facto la lottizzazione, il Gender Gap, l'auto-referenzialità dei media e la crisi della politica (e forse anche della democrazia). Cui prodest?

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