martedì 6 aprile 2010

Lasciate che i bimbi. E non ignoti feti...

La Lega dice di voler difendere i feti non voluti dallo spettro della RU486. Ma alla politica, alla società italiana e alla Chiesa interessano più i feti dei bambini in carne ed ossa?

La domanda è tutt'altro che peregrina. Oggi in Italia le mamme non sanno in quale asilo nido portare i propri bambini (non ce ne sono abbastanza, quelli a pagamento o sono cari o sono inaffidabili e poco controllati, come dimostrano recenti vicende di cronaca); gli orari degli asili nido non sono flessibili, mentre il lavoro delle loro mamme è flessibile, senza orari fissi e sempre più precario. Delle due, l'una: che ce ne facciamo di un asilo che apre alle 8.00, se noi madri dobbiamo timbrare il cartellino a quell'ora e uscire di casa 40 minuti prima? Per non parlare dell'uscita alle 15.45-16.00: quando un ufficio chiude dalle 17 in poi...

Oggi in Italia attraversare una strada con un bambino piccolo è un 'incognita: le "strisce" sono invisibili (senza Ici, i Comuni le ridipingono con sempre minore frequenza); le automobili non rispettano i passaggi pedonali, non si fermano se vedono un passeggino; le automobili parcheggiano ovunque, spesso proprio sulle strisce pedonali, senza rispettare le esigenze dei "piccoli che attraversano le strade".

Oggi in Italia "essere bambini" è un lavoro e non un piacere (di crescere, esplorare, imparare, giocare...). Basta varcare il confine e andare in Francia o in Svizzera, per trovare ristoranti con area bambini, tavolini a misura di bimbi con fogli e pennarelli (solo la Romagna è così attrezzata!), oppure giardini con giochi e servizi (con bagnetti puliti: anche qui, il parco Suardi di Bergamo è una rarità) per non parlare dei musei (Parigi potrebbe essere un esempio per tutti).

L'Italia non è un paese per giovani laureati e vecchie signore, ma neanche per bimbi. Che senso ha difendere (a parole) solo i feti, quando in Italia nessuna donna è invogliata a fare figli a causa di un eco-sistema anti-bambini?

Ma allora ricapitoliamo un po' di cifre per far capire a Lega, Chiesa e società civile cosa non funziona in Italia. In Italia il 60% dei laureati è donna e solo il 40% uomo (l''Italia batte Regno Unito e Stati Uniti). Secondo rielaborazioni IlSole24Ore.com (dati It-Silc 2008), il differenziale salariale di genere è in Italia più alto tra i laureati (34%) che tra le persone con titoli di studio di media inferiore (29%) e media superiore (28%).

Il differenziale salariale di genere per classi d'età, tocca il picco tra i 35 e i 45 anni, proprio quando una donna ha fatto il primo figlio (o decide di farlo) e potrebbe "programmare" il secondo.

"L'Italia ha la fecondità più tardiva, con un'età media al primo parto pari a 31 anni. La maternità si associa a una caduta dell'occupazione femminile e il numero di bambini amplifica l'effetto, in Italia più che altrove: il tasso d'occupazione delle donne senza figli è pari al 66% e scende al 60% per le madri con un figlio e al 53% in presenza di due figli.
Molte donne lasciano il lavoro alla nascita dei figli". (Fonte: IlSole24.Ore.com)

Invece di difendere i feti in una "sterile crociata" anti donne, forse alla società tutta converrebbe difendere le donne e i loro bambini, promuovere il Fattore D in azienda e nel pubblico impiego e azzerare il Gender Gap ovunque si annidi.

Il resto? Inutili chiacchiere da bar sport...
M.C.

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