martedì 6 aprile 2010

L'anchorwoman Busi, il vittimismo, le precarie e i conti in rosso della Rai

Non mi piace come giornalista la dottoressa Maria Luisa Busi (le cui interviste sono un po' scipite; i cui interventi in studio, per legare un servizio all'altro, a volte sono di una banalità sconcertante e "da casalinga di Voghera": ma sono convinta che la nota casalinga sarebbe più precisa e incisiva!). Ma neanche mi piace il Tg di Augusto Minzolini, 52 anni, appena votato "secondo cortigiano d'Italia" (che ha sperperato il buon lavoro avviato da Riotta, soprattutto nella seconda parte del suo mandato, dopo aver abbandonato il "doping da cronaca nera" e aver intrapreso un interessante "svecchiamento dei contenuti", senza cadere nel folklore). Quindi sarò, mi auguro, "equidistante".

Il vittimismo della dottoressa Busi, volto noto del TG1, è tuttavia interessante per fare altre considerazioni sulla Rai e sullo stato del giornalismo e del precariato nell'editoria declinato al femminile.

Non sappiamo se Busi sia davvero vittima del mobbing (se lo è, ecco la nostra solidarietà: come a ogni donna e uomo in simili situazioni).

Però Busi si comporta da celebrity e da Vip sull'"orlo della crisi di nervi", e non da professionista. Non da lavoratrice in difficoltà. Il suo sfogo sfiora genericamente, e solo per inciso (in modo quasi strumentale...), il tema della precarietà nel giornalismo: giornaliste molto meno famose di lei, lavorano sempre, in ogni condizione (senza giorni di malattia e ferie, se non quelle decise dall'editore), senza lamentarsi in interviste molto pubblicizzate su La Repubblica eccetera. Siamo convinte che Busi, se uscisse dalla Rai, troverebbe subito lavoro ovunque lei desideri, senza il thrilling di tante precarie del mondo dell'informazione. Perché allora tanto vittimismo?

Al Tg1 su 129 giornalisti 29 sono donne; su 27 dirigenti solo 2 sono donne. Ma alla Rai, in un carrozzone di 2.300 giornalisti, ben 600 sono precari. Perché dobbiamo solidarizzare con Busi invece che con i 600 precari? I 600 precari non temono il mobbing e la perdita del lavoro? Cosa teme Busi, di finire nelle retrovie della Rai (con lauto stipendio e Welfare) oppure addirittura di essere licenziata?

Non lo sappiamo. Ma la vera domanda è un'altra: dietro al vittimismo dei giornalisti Rai, cosa c'è? Quanto costa la Rai?

"Secondo Massimo Mucchetti di Corriere.it (...), da alcune 'carte di lavoro' riferite all'anno 2008, si evince che, per Raiuno, le spese relative alla produzione di programmi, compresa l'attribuzione proporzionale delle spese di staff, dei servizi e di Rai Way, sono state di 1021 milioni di euro. Per farla facile, più di un miliardo. Raidue, invece, ha speso qualcosa come 606,2 milioni, cifra inferiore rispetto quella di Raitre, 819,3 milioni, che tuttavia è 'viziata' dagli altissimi costi destinati alla programmazione regionale (oltre 348 milioni di euro). Il tutto, precisa Mucchetti, considerando che l'audience di Raitre è solo di un punto inferiore a quello di Raidue (il 10% contro l'11%). Insomma, facendo un rapido calcolo, la spesa complessiva va quasi a toccare i due miliardi e mezzo di euro. Ma le trasmissioni televisive? Insomma, i vari talk-show che spaziano dall'attualità alla politica, dai sentimenti alla cucina, dal sesso alla medicina? E che dire dei vari reality show? È giusto che si spenda tanto per questi prodotti? Ed ecco che si torna ai compensi dei conduttori. I programmi, giustamente, costano, così come giustamente costa chi li conduce, soprattutto se è una persona capace di fare bene il proprio lavoro. La domanda corretta, però, è qual è il giusto prezzo da pagare per la presenza sulla tv pubblica di certi personaggi (giornalisti, conduttori e via dicendo), insomma per tutti quei nomi che, in virtù del loro lavoro, assurgono al ruolo di celebrità e vengono retribuiti come tali" (fonte: A. Giannino su IMGPress.it).

Ecco da giornaliste, che lavorano 8-10 ore al giorno, senza orari e senza giorni di malattia, per 1.020 euro nette al mese, il vittimismo della D.ssa Busi ci lascia molto perplesse e pare un po' "sopra le righe", degno di una celebrity più che di una professionista. Sul mobbing, non giudichiamo (solidarietà a prescindere). Busi non è Milena Gabanelli dello splendido Report, ma neanche Lilli Gruber (che a Otto e 1/2 su La7 regge un'intera trasmissione da sola) né ha il piglio di Monica Maggioni o la capacità di "raccontare" di Giovanna Botteri. Nè il TG1 ha mai retto né regge il confronto con tutta RaiNews24, l'unica bella Tv all news italiana (un gioiellino in Digitale Terrestre. Già meglio del TG1 è il TeleVideo).

A una generica solidarietà in rosa preferiamo la meritocrazia. Senza se e senza ma :)

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