Gli uomini e le scarsissime donne che fino a domenica affollano le sale del King's College di Cambridge - capolavoro neogotico per amanti di guglie e porticati degni di Harry Potter -, ambiscono a diventare gli "economisti del prossimo ventennio". Quelli, insomma, che decideranno se noi tutti dovremo andare in pensione a 68-75 anni (con l'allungamento della vita media), se sarà meglio fare riforme e quali, se è giunta l'ora dell'exit strategy (per uscire dalla crisi), se "lo Stato è la soluzione o il problema", se ci vogliono più (o meno) tasse, se servono più (o meno) Regole per i mercati, se conviene salvare i Piigs o lasciare al loro destino in caduta libera i noti Porci-con-le-ali del 2010.
Ma nei quattro giorni di dibattiti tra Nobel e banchieri, voluti da George Soros, per costruire le basi dell'economia del dopo Tsunami finanziario, spicca la modesta presenza femminile.
Niente "Fattore D" nell'economia del dopo-crisi che vorrebbe sancire il ritorno del pensiero keynesiano, dopo 30 anni di sbornia neo-liberista? Oppure è solo una questione di meritocrazia se le donne scarseggiano? O ancora: forse i finanzieri temevano che uno "scontro all'ultimo sangue" fra i seguaci di John Maynard Keynes e gli epigoni di Milton Friedman, non fosse in fondo "roba da donne"?
Speriamo di no: il fattore D conterà sempre di più nell'economia di domani. Forse a Cambridge qualche donna in più avrebbe evitato la gaffe. Proprio nell'anno del primo Nobel per l'economia a una donna.
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