martedì 13 gennaio 2015

Al Quirinale, un europeista convinto.

«Whatever it takes». Con queste tre parole pronunciate nel 2012, il governatore della Banca centrale europea Mario Draghi mise fine all'attacco all'euro, riportando gli Spread dentro i confini dei tecnicismi. La foto dei 50 leader, non è altro che il «Whatever it takes» della Politica. L'Eurozona risponde in maniera secca e sferzante a chi soffia sul fuoco delle paure. I «Whatever it takes» mettono paletti. Segnano limiti. Chi vuole sfidare Bruxelles, ora lo sa.

L'Europa unita può difendersi, dare lavoro, offrire vera integrazione. Se ogni Paese va per conto suo, fa la fine del vaso di coccio, frantumato in mille pezzi. Ora la decisione spetta solo agli europei. Ma poi chi vota per la disintegrazione, non si lamenti se finisce nel gorgo di un'autarchia fascista, senza più libertà (neanche minime), senza alleanze e cinture di sicurezza.

"Dai conflitti si esce dando voce a tutti"  dice Papa Francesco in Sri Lanka. Dai conflitti si esce dando vere pari opportunità, a partire dalla scuola fino al lavoro, nelle banlieue, perché il resto, semplicemente, non funziona, semina odio.

La Francia ha dato i natali all'Illumismo a quella ventata libertaria che ha cambiato la Storia europea per sempre. L'Italia è il Paese di Galileo, dell'abiura, del "buon senso" che però cambia la storia della filosofia fondando la Scienza moderna. Gli italiani non devono diventare francesi, perché ogni popolo ha la sua cultura, la sua storia. Ma entrambi sono europei, hanno fatto la storia dell'Europa. Il bello di essere europei consiste proprio nel rispetto delle reciproche diversità, nel credere nell'integrazione europea per unire l'Europa in senso federale, esaltando i valori di ogni cultura. Un abitante di New York non la pensa come un residente del Midwest: non per questo un cittadino è meno americano dell'altro. Essere europei significa integrazione, rispetto, difesa comune. Significa soprattutto 70 anni di pace. Ne vale la pena. 

Al Quirinale serve un presidente della Repubblica profondamente europeo (come lo è stato senz'ombra di dubbio Napolitano), per spingere l'acceleratore sull'Unione.


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