mercoledì 11 gennaio 2012

La ricetta? Ridare dignità al futuro, ritrovare una visione per il futuro

Il governo di Mario Monti segna il ritorno delle élite al potere, ha detto quel genio della Tv che è Freccero. Vero. Ma qualcuno doveva fare il "lavoro sporco" (in realtà: quello di fare pulizia!) che la Politica non ha avuto il coraggio di assumersi in 20 anni. Liberalizzazioni (7 mila nuove farmacie, taxi, notai... a quando la fine del duopolio Tv?), la bozza di un nuovo trattato UE (per offrire respiro, anche all'Italia: un anno di più per ridurre il debito), lotta senza quartiere all'evasione, maggiore attenzione alla crescita, conti pubblici in ordine... Ora che cosa manca? Ancora una visione: "è al futuro che occorre dare dignità, preparandolo ora" scrive oggi, con un'intuizione illuminata Barbara Spinelli.

Chi ancora crede nelle utopie, nella possibilità di intervenire sul futuro in maniera democratica - e non solo subire passivamente -, ha un arduo compito: dare una visione del futuro. Riprendere in mano la cassetta degli attrezzi, anche quelli di Marx non è poi male, e forgiare un'utopia, post-ideologica, di società verso cui tendere.

Facile? No, difficilissimo. Ma a sinistra, a chi rispolvera il "mito ottocentesco, nichilista in quanto mortifero" del bombarolo, chi ancora crede in qualche brandello di utopia, ha il dovere (etico) di contrapporre visioni - offrire risposte: le bombe sono la morte. Viva la muerte era lo slogan fascista dei franchisti spagnoli. La morte non è mai la risposta. La morte è un punto, senza "a capo", ma con il nulla-eterno davanti a sé. A chi oggi si sente alienato, tagliato fuori da un futuro che lo respinge, bisogna offrire non solo una chance di vita (come al discount della salute!), non solo un'opportunità di riscatto (come al supermarket delle religioni!), ma una vera "cassetta degli attrezzi" per costruire un futuro: non solo un "futuro migliore" (roba da oroscopo), ma un "futuro critico, atttrezzato e realista come solo le utopie sanno dare" sotto il profilo dell'ecologia, della società, della cultura umanista e teclogica, dei rapporti interpersonali, della formazione scientifica, dei saperi, della politica... Senza cadere nelle distopie, ridiamo dignità al futuro. Ridiamo una visione ai nostri sogni, costruiamo insieme il nostro futuro, il futuro dei nostri figli.
Conclude Barbara Spinelli, nel suo pezzo per La Repubblica: "È giudicare quello che abbiamo e facciamo - terra, clima, politica - alla luce delle parole di Alce Nero, il capo Sioux: "La terra non l'ereditiamo dai nostri padri, ma l'abbiamo in prestito dai nostri figli".

Ispirarsi ai Sioux è di buon auspicio, per fare il vuoto dentro di sé, rivoluzionare il nostro approccio al mondo, guardare il futuro con occhi nuovi. Il futuro dipende da noi: non sprechiamolo. Reinventiamolo, reinventiamoci.
m.c.

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