mercoledì 17 maggio 2017

Capitolo Quarto (I prequel). Il caso Antonveneta ai tempi di Fioroni e Fazio

Capitolo Quarto, il prequel. Il nome della banca Antonveneta, al centro del caso Mps e dell'ascesa/caduta di Mussari a Siena, non era nuovo alle cronache italiane. Si trattava dell'istituto nel mirino di un altro ex banchiere rampante, Gianpiero Fiorani, l'ex numero uno della Popolare di Lodi, collezionista di varie inchieste (che gli hanno totalizzato 5 anni complessivi di condanne), già protagonista indiscusso della storia delle scalate bancarie del 2005 che culminò nella condanna di Antonio Fazio, ex governatore di Bankitalia.

Nel caso Bancopoli, Fazio venne condannato nel processo sulla fallita scalata ad Antonveneta da parte della Banca Popolare di Lodi. La condanna venne confermata in via definitiva dalla Corte di Cassazione il 28 novembre 2012: Fazio è stato ritenuto colpevole per aver concorso nel manipolare il mercato a favore della Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani.

Ma andiamo con ordine. Tra il 2004 e il 2005 il sistema bancario italiano fu al centro di una serie di movimenti che coinvolgevano importanti gruppi stranieri, il cui obiettivo sembrava consistere nel prendere il controllo di alcune banche italiane. Sui giornali la politica cercava di opporsi a questi movimenti sventolando il consueto vessillo dell'italianità delle banche e delle aziende (quello che abbiamo visto che fine per altro ha fatto, in un altro settore, con il disastro Alitalia).

In particolare la Banca Antonveneta era nel mirino dell'olandese ABN Amro, mentre la spagnola Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA) puntava alla Banca Nazionale del Lavoro (BNL). Nella primavera del 2005, le due banche italiane finiscono per diventare oggetto di interesse anche da parte di due altre banche italiane: la Banca Popolare di Lodi (BPL), poi Banca Popolare Italiana (BPI), con al vertice Gianpiero Fiorani, e Unipol, guidata da Giovanni Consorte.

ABN Amro e BPL lanceranno un’OPA su Antonveneta, mentre BBVA e Unipol annunciano un’offerta pubblica di acquisto su BNL. Sebbene siano fallite tutte e quattro, le scalate finiscono per accendere un faro su un sottobosco inquietante. Le inchieste riveleranno una serie di intrecci, “patti di sindacato occulti” (è l'estate dei "furbetti del quartierino"), di accelerazioni/rallentamenti nel rilasciare le autorizzazioni da parte di Bankitalia ed altri mirabolanti fatti, di cui prenderemo in esame solo alcuni, per non tediare i nostri venticinque lettori.

La procura dichiarò che erano state usate anche Fake News (all'epoca si chiamavano solo "bufale" o notizie false) per variare il prezzo delle azioni di Antonveneta e mettere i bastoni fra le ruote dell’OPA di ABN Amro, mentre imprenditori bresciani (fra cui il finanziere Emilio Gnutti insieme a diciotto imprenditori bresciani suoi amici) vennero indagati per reato di aggiotaggio. Si scoprì che erano stati finanziati dalla BNL per aggiudicarsi azioni Antonveneta per conto di Fiorani.

Di tutta quella vicenda, complicata, ma ricca di aneddoti, ma anche di bufale, rimarranno memorabili intercettazioni telefoniche come quella tra Fazio e Fiorani , in cui l’allora governatore della Banca d’Italia, prima di annunciarla ai mercati, confida privatamente a Fiorani l'ok alla sua OPA su Antonveneta, ricevendo in cambio “un bacio in fronte”, quasi un sigillo a conferma del loro rapporto confidenziale. Fiorani (sei mesi di detenzione e poco più di due anni di affidamento ai servizi sociali) ha chiuso i conti con la giustizia italiana, oggi fa un altro mestiere. Però la vicenda è utile per ripercorrere il caso Antonveneta, prima che il nome della banca tornasse in auge nell'odissea di Mps. Infatti, come abbiamo visto ieri nel Terzo Capitolo, Mps - che già aveva consumato la maggior parte dell'eccesso del suo capitale per acquisire Banca121 - deciderà di comprare Banca Antonveneta nel novembre 2007, quando è già emersa la crisi dei mutui Usa. E l'allora banchiere Mussari arriva alla scalata, sborsando al Banco Santander una cifra astronomica: 9 miliardi di euro in contanti, che obbliga la Fondazione Mps a svenarsi con un assegno da 3,4 miliardi; ma poiché i soldi non sono ancora sufficienti, Mps tira fuori dal cilindro "un bond convertibile (Fresh) che sarà foriero di altre perdite, instabilità e condanne giudiziarie". Insomma, l'acquisizione porterà il glorioso Monte dei Paschi a chiedere l'aiuto dell'Italia nel momento peggiore della crisi dei debiti sovrani e poi a costringere il Paese, prostrato da nove anni di crisi economica e finanziaria, a nuovi interventi statali in tempi recenti.

@CastigliMirella

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