lunedì 28 gennaio 2013

L'exit strategy

Otto bonifici, destinazione Amsterdam, Madrid e Londra. Diciassette-dico-diciassette miliardi di euro in 11 mesi. "Mps non è certo una banca fallita: non si può far ricorso a misure d'emergenza, alimentando un clima ingiustificato di panico tra i risparmiatori e di allarme sui mercati". Su questo concordano tutti, da Monti a Grilli, da Visco a Vegas. Se così non fosse, il governatore non avrebbe dato via libera ai 3,9 miliardi di Monti bond, ritenendoli "al momento sufficienti". Il nodo, tuttavia, sta tutto in quel "al momento" scrive Massimo Giannini su La Repubblica.
Ma qual è l'exit strategy? La nazionalizzazione non è esclusa. Sarebbe una "nazionalizzazione di risulta" modellata sugli interventi del governo svedese negli anni '90 e di quello inglese all'inizio della crisi del 2007. MPS verrebbe nazionalizzata in via temporanea, per "poi essere ricollocata sul mercato, con nuovi soci privati e nuovi assetti di governance".

Intanto è caccia alla "madre di tutte le tangenti", a vent'anni da Enimont. Perché Mps non è solo una banca Rossa: il "Sistema-Siena non aveva un colore. Aveva tutti i colori".

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