Antefatto (personale): Sarà che sono allergica al rosa né mia madre mi ha (quasi) mai vestito di rosa fin da piccola preferendo infilarmi comodi pantaloni, pratiche polo e golfini, spesso e volentieri eredità di seconda mano di cugini cresciuti: a 7 anni odiavo l'austerity di mia madre ma poi ne ho capito e apprezzato il senso (ah proposito! concordo con la tesi di fondo della rubrica di questa settimana di Maria Laura Rodotà su Io Donna... vestire le bambine da mini-escort è pericoloso!).
Chiusa questa privata parentesi, arrivo al punto. Sarà che ciò che si tinge di rosa sa di marketing spinto e mi fa alzare non una ma due antenne come alle lumache; ma le "quota rosa" mi hanno sempre lasciata perplessa: ho sempre avuto il dubbio che potessero diventare una "pillola avvelenata" (o come si dice in gergo una poison pill).
Prima di ritrovare in corsia di sorpasso qualche imbarazzante signorina, tacco 12, non per meriti propri, ma solo in quanto "quota rosa" (... e in quota di un boss maschio!), leggete qui: "Le quote rosa fanno male. Alle donne"[IlSole24Ore.com]
Forse conviene imparare dal California dreaming (ma anche dal Seattle dreaming!) della meritocrazia made in Silicon Valley, prima di finire dalla padella nella brace.
(m.c.)
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