domenica 19 febbraio 2012

L'Art.18 è solo un'ossessione: inutile e dannosa. Lasciatelo com'è

In Italia bisogna creare lavoro (per chi no ce l'ha), bisogna crescere (in recessione va tutto male, alla fine mancano i soldi per gli stipendi), diventare competitivi (dove non lo siamo), fare formazione (soprattutto nell'Ict, per chi perde lavoro causa crisi), avere una scuola più meritocratica (per arrivare a una professione, open-minded ma con un retroterra culturale adeguato), fare una vera spending review (non solo nella giungla delle agevolazioni fiscali, ma anche nella PA: tagliare ciò che è inutile).

Il presunto tabù dell'Art.18 sembra davvero un "falso problema", un'ossessione: lasciatelo com'è; magari lo toglierei solo ai "figli di" giusto per capire come si vive "da precari" (anche se di lusso...).

Anche Eugenio Scalfari nell'editoriale di oggi scrive: "Post scriptum. Bene Elsa Fornero e bene i sindacati confederali. Il negoziato è cominciato costruttivamente e ci si augura che così possa concludersi togliendo al mercato del lavoro tante inutili ingessature che favoriscono la precarietà e impediscono la necessaria flessibilità in tempi di globalizzazione. Lascino da parte l'articolo 18. La sua esistenza è utile soltanto per impedire licenziamenti discriminatori che vanno comunque bloccati e sanzionati. Per il resto è un numero che non ha alcun significato, sia che rimanga sia che venga abolito".

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