Noi donne vogliamo, anche online, la capacità e la potenzialità di fare le cose. Perché "in una società libera, si devono soprattutto allargare le capacità di ciascuno, per rendere gli individui abbastanza forti da difendersi sul mercato con i propri talenti" dice De Benedetti parafrasando l'economista Amartya Sen.
Ma quanto siamo libere nel mercato digitale dei social network? Quanto è monetizzata la nostra "libertà" di comunicare online, trovare amicizie e fare progetti di vita e professionali?
Me ne sono occupata dal 1996, ma insieme ad amici hacker e cyber-hacktivist che ragionano su questi delicati temi dagli anni '80, quando la telematica era o ultra professionale (accademica soprattutto) o amatoriale (le Bbs eccetera). La Privacy è la Cenerentola del Web.
Oggi me lo richiedo: tante amiche cercano la "libertà" su Facebook, ma il sito di social network è gratis perché monetizza la loro _(quanto spontanea?) rinuncia alla propria privacy. Intanto i dati preliminari del progetto Panopticlick (che saranno presentati a luglio a Berlino) sono allarmanti: chi naviga sul Web (e non solo sull'irrinnciabile Facebook per socialitè à la page) è schedabile in poche mosse...
Il Panopticon ci controlla: tutto bene? La (presunta) cyber-libertà val bene il requiem della privacy? Quanto ci fidiamo del giovin-signore Mark Zuckerberg, nèo feudale del social Web recintato? Ma perché fidarsi?
Ecco perché non sono su Facebook ma il social mi piace :)
M.C.
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