Ma il Giappone non è fermo. Anzi. Il Sol Levante , rispetto all'Italia ha due vantaggi: uno, il suo "mostruoso" debito pubblico è tutto interno (il nostro, no); secondo, 13 colossi hi-tech nipponici stanno per spendere 2,4 trilioni di dollari in acquisizioni (approfittando dello Yen forte: quella moneta che frena le vendite, ma che è utile nell'M&A). Il Giappone, dopo le scosse telluriche, l'onda anomala dello tsunami e le fughe nucleari, scommette su se stesso, ma anche sulla globalizzazione per uscire dal suo guscio: da un decennio di stagflazione, seguito da un biennio di recessione, e ora da un presente di bassa crescita. L'Italia, la cui crescita è anemica, vuole restare ferma mentre il mondo "là fuori" corre?
I milanesi dicono che sono pronti a voltare pagina, anche disposti a inedite coalizioni, pur di non stare fermi. Chi, nella globalization, rimane paralizzato e imbalsamato, non fa mai una bella fine. I milanesi lo hanno capito: e Roma? Game Over, dicevano i rivoltosi egiziani e tunisini. Prima che lo dicano i mercati con la loro rude, spietata, ma franca e lucida schiettezza, forse conviene che chi ha a cuore l'economia del paese, faccia velocemente delle scelte chiare.
In sintesi: di un Berlusconi stile Luigi XV, Après moi, le déluge!, travolto dal debito pubblico prima ancora che dalla Presa della Bastiglia, nessuno sente alcuna (apocalittica) nostalgia. tranne forse chi scommette nel Default e crede nell'anarchia.
- Repubblica.it: E' crollato il muro di Arcore ma anche la Lega ha perso
- Draghi: "Crescita troppo debole serve una manovra tempestiva"
- l'Espresso: 30 maggio 2011, la Waterloo di Berlusconi di Marco Damilano
- 'Pd, ora impara da Milano' di Alessandro Gilioli
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