lunedì 8 novembre 2010

Esistono tante "famiglie", e non solo LA famiglia

Il Presidente Napolitano, in armonia con la tradizione e con la Costituzione, dice che la famiglia è il nucleo fondativo. Il ministro Sacconi però dà l'affondo: «Aiuti solo a sposi che procreano».

Evidentemente il ministro non si accorge che è proprio la "famiglia che a lui sta a cuore" quella in cui oggi avvengono i delitti più efferati, gli omicidi/suicidi, la pedofilia, la prostituzione...

Difendere solo "questa famiglia" e non LE famiglie e le affinità elettive delle "famiglie allargate" e dei nuovi nuclei (nidi) dell'immaginario collettivo (mamma-figli, padre-figli, due-mamme-figli, due-padri-figli eccetera), significa imbalsamare la società a un fermo-immagine già sorpassato dai tempi. Già metabolizzato e atomizzato dalla storia. Condannare all'anacronismo le famiglie, che vediamo allegre all'uscita di scuola o preoccupate al supermercato per la crisi economica.

Significa chiudere gli occhi di fronte agli omicidi in famiglia, al patriarcato che è duro a morire, a tutte quelle file di uomini-sposati-in-fila-sui-viali in cerca di Trans e varia umanità in vendita.

Significa lasciare il peso di tutto ciò sulle spalle di donne sole (e uomini soli), a cui viene preferita la Escort oppure il Toy-boy di turno. È questa la famiglia-deflagrata a cui il ministro aspira?

O non è meglio dire: ci sono anche in Italia tanti tipi di famiglie (purché nel doveroso rispetto dei minori, delle donne e degli uomini)? Luoghi dove i/le bambin* crescono - nidi da cui i piccoli spiccano il volo per crescere, sperimentare, innovarsi e inventare il futuro del paese? Guardiamo alla California della Silicon Valley, alla Francia delle culle piene o alla Germania del vice-Cancelliere Guido Westerwelle.

E non all'Italia degli omicidi familiari, dell'arretratezza culturale e dell'asfissiante miopia. L'Istat fotografa un'altra Italia: volgere lo sguardo altrove, sa di vecchio e gerontocratico!

UPDATE: Il ministro Sacconi si sarebbe corretto, aprendo anche alle coppie di fatto. Meglio tardi che mai: ma i diritti, quando?

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